Lazzaro, vieni fuori
«Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele» (Ez 37,12). La prospettiva pasquale è di morte e risurrezione. L’itinerario quaresimale che conduce verso il traguardo della crocifissione e della morte di Cristo, si conclude con l’evento della risurrezione che costituisce il fondamento della fede cristiana. La morte in sé segna la conclusione della vita, ma nel caso di Gesù Cristo essa è il principio della vita senza fine, espresso dalla sua vittoria. Chiamare i morti alla vita è presupposto esclusivo di Dio, autore e signore stesso della vita. Per Lui non c’è morte, ma solo vita. Nel linguaggio profetico, questo insegnamento è ricorrente. Ezechiele presenta un capitolo intero del suo libro, il 37, detto delle ossa aride, manifestando nel segno, l’infinita potenza di Dio di ridare vita alle ossa inerti, vittime della morte e della corruzione. Tramite il profeta, Jahwé parla agli esuli scoraggiati di Babilonia ed annunzia loro la restaurazione, il ritorno in patria e la ripresa della vita, preannunziando già la risurrezione finale. Il sepolcro dell’uomo è talora il suo orgoglio e la sua superbia, che generano il peccato, allontanano da Dio e causano la morte. Dio solo ha il potere di aprire il sepolcro e di richiamare alla vita, proprio come Gesù fece con il suo amico Lazzaro. La sua vicenda storica è esempio concreto di quanto Dio possa fare e realizzare nel corso di ogni tempo. La risurrezione ordinaria dalla situazione di morte a causa del peccato attuale, si realizza attraverso il pentimento sincero, la confessione delle proprie colpe ed il perdono ricevuto. P. Angelo Sardone