Dio ha parlato tramite suo Figlio

«Dio, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). La conclusione delle festività natalizie e l’inizio del Tempo liturgico Ordinario, hanno come spartiacque un sommario eccezionale costituito dalla stessa Parola di Dio, l’incipit di una grande e significativa omelia sacerdotale che la Tradizione definisce «Lettera agli Ebrei». Da sempre è stata attribuita a S. Paolo. Studi più recenti hanno rilevato invece la paternità di un non ben definito dotto sacerdote di Gerusalemme. L’incarnazione e la nascita di Gesù Cristo sono ampiamente documentati nei Vangeli, soprattutto nei cosiddetti capitoli dell’Infanzia, i primi due degli evangelisti Matteo e Luca. A suo modo e con un linguaggio aulico di straordinaria grandezza ed altezza, S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo esprime questo mistero con un versetto importante: «il Verbo, cioè la Parola, si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). L’autore della Lettera agli Ebrei con altrettanta profondità di parola e di immagini suggestive, traccia il sommario di come e di quanto il Signore aveva parlato nei tempi antichi soprattutto attraverso i profeti, per attestare che in questi ultimi tempi ha parlato per mezzo dello stesso Gesù Cristo, dotandolo di caratteristiche propriamente divine (irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza) ma soprattutto Figlio di Dio, proposto alla comune adorazione degli Angeli e delle creature. Questa singolare e sorprendente ricchezza di termini è parte integrante della fede cristiana che dal mistero del Natale si proietta verso il mistero della Pasqua, cioè la passione, morte e risurrezione di Cristo. P. Angelo Sardone

La divinizzazione dell’io

«Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo» (1Gv 4,4). Il carattere della Lettera di Giovanni è anche pedagogico, vuole cioè offrire indicazioni precise che salvaguardino i cristiani di allora e di sempre dagli inganni che possono venire dalle seduzioni del maligno. È indispensabile allora il discernimento che va attuato prima di tutto nella comunità, tra i credenti, per vedere se sono mossi dallo Spirito o da Satana. Lo Spirito induce alla confessione della fede ed infonde la docilità agli insegnamenti della Verità. Satana induce invece all’errore che può circolare e di fatto circola anche nelle comunità cristiane laddove ci possono esserne divulgatori che si atteggiano a maestri, e lo sono, dell’errore. Lo Spirito che confessa Gesù Cristo viene da Dio e fa proclamare dal credente la sua confessione di fede. Coloro che spargevano errori, attesta la storia, non riconoscevano Cristo e affermavano che per raggiungere Dio ci possono essere altri mezzi. Sin dagli inizi nell’impianto della fede, l’errore perpetrato dagli uomini ha fatto sempre lotta alla verità proclamata da Cristo e fatta propria dagli Apostoli. L’incoraggiamento che spesso viene da essi mira a sostenere la fede di chi ha incontrato e creduto in Gesù Cristo, con la certezza che Dio, che è presente in chi crede, è infinitamente più grande e più forte di Satana che alberga nel mondo e per tanti versi ne è anche principe. Queste grandiose verità sono tali anche e soprattutto oggi in una sorta di reimpianto della fede dovuta non solo alla pandemia di Covid, ma ancor di più alla mancanza di amore verso Dio che automaticamente distacca anche dai fratelli e ritorce tutto su se stesso. Si tratta della divinizzazione dell’Io che è propria del demonio. P. Angelo Sardone

La manifestazione di Gesù ai Magi

«Verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» (Is 60,6). La solennità dell’Epifania ha una origine antichissima ed altrettanto ricco contenuto. É la «manifestazione» di Gesù, tale è il significato del termine dal greco. Si colloca a conclusione delle feste natalizie e fa riferimento all’episodio del Vangelo nel quale si attesta la visita dei Magi a Gesù Bambino e l’offerta dei doni: oro, incenso e mirra (Mt 2, 11). I tre doni hanno fatto pensare sin dall’antichità a tre distinti personaggi ai quali la Tradizione ha dato il nome di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. La liturgia presenta in triplice sequenza la manifestazione di Cristo come una luce che illumina il mondo: ai Magi cioè ai popoli pagani, al Battesimo dove una voce dal cielo lo chiama Figlio, a Cana col prodigio dell’acqua mutata in vino. La stella veduta dai Magi, secondo l’opinione più probabile, era una meteora straordinaria, formata da Dio per dare ai popoli il lieto annunzio della nascita del Salvatore. L’arrivo dei Magi da Oriente a Betlemme di Giuda per adorare il neonato Messia, è il segno della manifestazione del Re universale ai popoli e a tutti gli uomini che cercano la verità. I Magi, persone aperte alla verità, si prostrarono in adorazione di fronte ad un semplice bambino e gli offrirono i doni che avevano, preziosi e simbolici, riconoscendo Gesù, Re (oro), Dio (incenso), uomo (mirra) ed ancor più esaltando il dono fatto da Dio Padre all’umanità con la nascita dell’Emmanuele. La tradizione popolare pone in questo giorno anche lo scambio dei “doni dell’Epifania”, legando il gesto alla sua caratterizzazione religiosa e missionaria con particolari iniziative a favore dell’infanzia. Con la sua nascita in terra Dio cerca l’uomo. Nel mistero dell’E­pifania, l’uomo cerca Dio. P. Angelo Sardone

Due grandi veri amici

«L’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca» (1Gv 2,27). Nella terminologia giovannea, «unzione» corrisponde a Spirito Santo. La sua forza fa resistere ai falsi maestri e dopo aver fatto ai cristiani il dono della Parola di Dio e dell’insegnamento delle verità della fede, offre loro la grazia di rimanere costanti e fedeli nella luce. Tali furono due grandi amici santi, provenienti dalla Cappadocia, S. Gregorio Nazianzeno e S. Basilio Magno, dottori della Chiesa del IV secolo. Il primo fu vescovo a Costantinopoli e per l’altezza della sua scienza riflessiva sul mistero di Cristo fu detto «teologo». Il secondo fu vescovo a Cesarea e per la profondità della sua dottrina e della sua sapienza comunicata ai monaci ed ai fedeli con una serie di scritti teologici e pastorali, fu detto «Magno», cioè grande. Ciò che contraddistingue queste due colonne del cristianesimo di sempre, oltre la loro indubbia preparazione teologica è il loro profondo rapporto di amicizia consolidato dalla stima reciproca e da uno straordinario affetto fraterno ricco del desiderio non di primeggiare ma di far primeggiare l’altro. Mossi da un comune ideale e dalla medesima ansia di sapere, si emulavano a vicenda in vista della virtù, nutrendo un affetto che li faceva sentire l’uno nell’altro, quasi esuli dal mondo. Cose rare in questi tempi a tutti i livelli! A volte mire episcopali e graduatorie di meriti confermate da dottorati e tesi altisonanti spesso annacquano e rendono ipocriti i rapporti che nel clero secolare e religioso dovrebbero essere di vera fraternità e condivisione. Ci sono comunque tanti altri casi di vera amicizia che diviene emulazione, cura, sostegno, condivisione, comune cammino verso la perfezione cristiana! La preghiera, l’unione con Dio, l’esperienza di sofferenza ed una seria formazione, possono far cambiare atteggiamenti, rendere davvero fraterni i rapporti ed efficace l’anelito alla santità. P. Angelo Sardone

Buon anno 2023

«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,22-27). Il nuovo anno si apre con una solenne benedizione che Dio, attraverso il popolo di Israele, riserva per l’intera umanità. In essa si condensano gli elementi imperituri del rapporto di amore del Creatore con tutte le creature: presenza, custodia, grazia e pace. Non sono gli astri a determinare la bontà o meno della vita e degli avvenimenti, non sono le profezie “profane” ad indicare ciò che deve succedere, né tanto meno coloro che ogni mese pronosticano cosa capiterà. E’ tutta stoppia che il fuoco consuma (Is 47,14). Al clima festoso del Capo d’anno ed allo scambio di auguri, diamo il senso cristiano che esalta la signoria di Cristo al quale appartengono i giorni, i secoli, il tempo. Il 1° gennaio, Ottava del Natale, si celebra la solennità della beata Vergine Maria, Madre di Dio che si inquadra nell’evento salvifico del dono dell’Autore della vita, il principe della pace. Per volontà di S. Paolo VI sin dal 1967 si celebra anche la Giornata Mondiale della pace, profonda aspirazione di tutti, con un particolare augurio che ha radici bibliche e cristologiche, che si oppone a qualsiasi forma di guerra e propone oltre la preghiera, l’educazione alla pace e combattere tutte quelle realtà che la minacciano. Al «Te Deum», il canto di ringraziamento per eccellenza deve far seguito il «Veni Creator» perché sia proprio lo Spirito a dirigere la storia, ad orientare le menti ed i cuori dei governanti verso l’unico vero bene, Cristo ieri, oggi e sempre (Eb 13,7). Buon anno, Auguri di grazia e serenità per tutto l’anno insieme con Gesù Re di pace e Maria Madre di Dio e Madre nostra per compiere il pellegrinaggio della vita verso l’eternità. P. Angelo Sardone