S. Ambrogio, una grandezza incomparabile
«Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31). L’annuncio della liberazione evocato dall’inizio del Libro della Consolazione del secondo Isaia ben si accorda col periodo liturgico che, mentre esalta la grandezza divina, invita a guardare in alto per considerare l’Autore di ogni cosa che dà forza a chi è stanco e moltiplica il vigore a chi è spossato. In questa luce si delinea la testimonianza di santità e la valenza storica e teologica di S. Ambrogio di Treviri (340-397), dottore della Chiesa e vescovo di Milano, una delle personalità ecclesiali più grandi di tutti i tempi. Era governatore della Lombardia quando nel pubblico consesso che stava decidendo l’elezione del successore del vescovo milanese morto da poco, la voce di un bambino misteriosamente fece riecheggiare il suo nome e fu proprio lui a diventare vescovo della metropoli. La tabella di marcia della sua giornata era contrassegnata dalla disponibilità alla gente, dallo studio, la preghiera, dalla predicazione e dagli scritti, godendo la stima e l’amore di tutti, soprattutto i poveri. Ne rimasero conquistati anche Agostino di Ippona e sua madre Monica. «Teologo raffinato e cantore inesausto di Maria» (S. Giovanni Paolo II), difese la purezza della dottrina cristiana ed il primato del vescovo di Roma. Si deve a lui l’adagio: «Ubi Petrus, ibi Ecclesia», Dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa. Alla sua opera teologica viene fatto risalire il rito ambrosiano nella liturgia dell’arcidiocesi di Milano. La sua figura e l’eccelsa sua personalità, testimonia e dimostra la grandezza vera dell’intelligenza e del sapere cristiano messi a disposizione della causa dell’evangelizzazione. P. Angelo Sardone