Mani fiacche e ginocchia vacillanti
888. «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11). Il giornaliero accompagnamento liturgico del libro del profeta Isaia spazia dalla prima parte propriamente messianica ed in sintonia col periodo dell’Avvento, con la seconda che richiama la consolazione e la speranza. In particolare viene richiamata l’identità di Jawhè come pastore che pascola e raduna il suo gregge con una tenerezza straordinaria espressa dalle immagini del petto sul quale si riposano gli agnelli e la conduzione delle pecore madri. Non fu da meno la vita ed il ministero di uno dei santi più noti e venerati al mondo, S. Nicola di Bari (250-325) vescovo di Mira, nell’odierna Turchia, le cui reliquie trafugate nel 1087 e condotte a Bari, diedero origine non solo ad una bellissima ed imponente basilica, ma anche all’identità del Santo come ponte fra l’Oriente e l‘Occidente. Membro nel Concilio di Nicea e fermo nella condanna del prete scismatico Ario, è passato alla storia per l’esercizio straordinario della carità, già prima ancora di diventare vescovo. La Tradizione riferisce della sua generosità fornendo la dote a due ragazze che non potevano sposarsi e rischiavano di prostituirsi. Le tre palle con le quali è raffigurato nell’iconografia comune, richiamano tre sacchetti di denaro che il Santo aveva donato alle fanciulle per realizzare il loro sogno. Come anche la riserva di grano fatta concedere in soccorso ai suoi concittadini in tempo di carestia, la salvezza fatta accordare a tre innocenti destinati alla decapitazione e la riduzione delle tasse per gli abitanti di Mira. Sembra tutta storia d’oggi: la presenza e potenza taumaturgica del Santo continua nei confronti dei tantissimi sui devoti. Tanti portano il suo nome che significa «vincitore del popolo». A tutti loro, vivissimi auguri. P. Angelo Sardone