La sordità dei morenti
«I sordi udranno in quel giorno le parole del libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno» (Is 29,18). La serie di oracoli di Isaia si intreccia con diversi testi che annunciano sventura, salvezza, giudizi, promesse di salvezza. Nella logica dei rapporti con Dio sono proprio gli svantaggiati che, contrariamente ai potenti, godono della sua benevolenza perché a Lui si affidano. Per questo Dio stesso li libera dall’oscurità, dalle tenebre e dalla sordità perché possano udire, vedere ed agire rettamente. L’ascolto della Parola del Libro e la luce fulgente della fede sono i connotati propri dell’Avvento. La sordità e la cecità spesso derivano dal peccato e dalla chiusura di mente e di cuore dinanzi ai continui stimoli della grazia che vengono giornalmente dagli avvenimenti, dalla Liturgia, dalle necessità e dai bisogni sia spirituali che materiali. Tanti anni fa mons. Filippo Strofaldi musicò con note molto espressive un bellissimo testo di Bruno Forte, «A terra d’o cielo» tradotto dalla Leggenda dei Chassidim, i pii ebrei della diaspora. In esso un pellegrino era andato alla porta del cielo, la porta del mistero, da Dio per essere ascoltato, affermando di aver annunciato la sua Parola alla «sordità dei morenti» e di non essere stato ascoltato. La Voce di dietro la porta gli disse: «Torna indietro, qui non c’è ascolto: ho nascosto il mio ascolto nella sordità dei morenti». Quando la Parola si fa ascoltare dalle orecchie di un sordo e la luce della fede penetra gli occhi di un cieco, allora vuol dire che il Messia è arrivato o sta per giungere, lo stesso che proprio attraverso la sua Parola guida, protegge, illumina, sostiene e salva. P. Angelo Sardone