Il coraggio indomito di madre e figli
«Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna» (2Mac 7,9). Tra i libri deuterocanonici non accolti nella Bibbia ebraica, vi sono i due Maccabei. Prendono il nome da Giuda, figlio di Mattatia, soprannominato “maccabeo”, che significa “martello”, capo dell’insurrezione giudea contro l’empio Antioco IV Epifane che voleva sopprimere il Giudaismo ed ellenizzare i Giudei. Il nome fu esteso anche ai suoi fratelli. Epoca degli avvenimenti è l’anno 100 a.C. Il secondo libro è in parte un parallelo del primo e vuole servire a risvegliare il senso di solidarietà dei Giudei di Alessandria con quelli della Palestina. Contiene elementi importanti sulla risurrezione dei morti e le pene future, la preghiera per i defunti e l’intercessione dei santi. Tra le altre, vi è la testimonianza significativa di una madre ed i suoi sette figli che si lasciarono uccidere per difendere la purezza della fede dei Padri. Il coraggio virile di questa donna, sprezzante le lusinghe del re, la porta ad esortare dal primo all’ultimo dei suoi figli a perseverare nella fede e ad accogliere la morte. Particolare indomito coraggio testimonia il secondo che non ha paura di riprendere con fermezza il re scellerato, professando la risurrezione dei morti e la vita eterna. Sono indubbiamente esempi di altri tempi, martiri del Vecchio Testamento, coerenti fino alla fine, sorretti dalla fede straordinaria della madre che li esorta alla fedeltà perseverante, nonostante la certezza della morte imminente. Qualsiasi commento è superfluo! C’è solo da ammirare ed imparare il senso della eroica coerenza, sempre tanto difficile in ogni tempo. P. Angelo Sardone