Essere con Cristo o restare coi fratelli?
«Sono stretto fra queste due cose: il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo» (Fil 1,23-24). Nel suo secondo viaggio missionario, tra il 50 ed il 51, Paolo visitò Filippi, città della Macedonia, così chiamata per Filippo II padre di Alessandro Magno che la conquistò e che era poi passata sotto il dominio di Roma. La popolazione era eterogenea, indigeni e veterani: pochi gli Ebrei. Col passaggio di Paolo si formò una nutrita Comunità cristiana. Ad essa da Efeso l’Apostolo scrive la sua lettera che ha un grande valore per la cristologia ed il tema della giustificazione mediante la fede. In maniera affabile l’Apostolo si intrattiene con i Filippesi come figli e li esorta alla gioia, all’umiltà ed all’unità. Il passaggio verbale del desiderio di lasciare la vita per essere con Cristo è il primo che parla direttamente dell’oltretomba senza essere collegata con la parusia, trattandosi di un periodo di tempo che precede la manifestazione ultima del Signore, nel quale chi è morto sta con Cristo. Paolo è molto desideroso di ciò per rendere finalmente piena e beata la sua vita, ma nel contempo è consapevole che la sua presenza nelle Comunità cristiane è ancora indispensabile per il bene di tutti. «Stare con Gesù» è la meta di chi muore in Lui, per realizzare una piena comunione proprio come avviene sulla terra con le persone nel corso della vita. Questa meta si raggiunge con la morte. Ma anche il desiderio di permanere a lungo nella vita è un buon desiderio dettato non solo dall’attaccamento all’esistenza, ma anche al bene che ne può derivare per gli altri, soprattutto quando si tratta di una presenza votata al servizio generoso nel compimento del piano di Dio. P. Angelo Sardone