La parola vera da una bocca d’oro
805. «Ecco il vessillo della croce, mistero di morte e di gloria: l’artefice di tutto il creato è appeso ad un patibolo» (Dalla Liturgia). L’inno dei Vespri odierni nella Celebrazione della festa dell’esaltazione della santa Croce, adatta il celebre inno «Vexilla regis» tratto da un componimento latino del vescovo Venanzio Fortunato, redatto in occasione dell’arrivo della reliquia della croce a Poitiers e cantato in momenti liturgici diversi. E’ uno degli elementi con i quali si celebra il mistero della croce, fonte di salvezza. La festa ha origini antiche risalenti al 14 settembre 335 nell’anniversario della dedicazione delle due basiliche edificate da Costantino a Gerusalemme, sul Golgota e al santo Sepolcro, a seguito del ritrovamento delle reliquie della croce ad opera di sua madre Elena. Attorno alla croce, il più terribile strumento di supplizio e di morte, si è sviluppata nel tempo una vera e propria sapientia crucis, un itinerario di riflessione e di santificazione che ha visto protagonisti diversi santi e sante. La liturgica la canta albero di vita, talamo, trono ed altare, segno visibile della eterna signoria di Cristo. Nel suo nome si mosse e si muove l’evangelizzazione, a partire anche dalle indicazioni di Gesù di Nazaret che chiede ai suoi seguaci di prendere ogni giorno la propria croce. Nonostante continui ad essere «scandalo per i Giudei e stoltezza per i gentili», la croce è la nuova arma, il segno della riconciliazione, del perdono e dell’amore. Su di essa Cristo ha sperimentato il triplice mistero del patire: i dolori dell’umanità, le ignominie, le pene intime (S. Annibale M. Di Francia). Seguendo la Croce siamo chiamati a diventare messaggeri di amore e di pace. P. Angelo Sardone