La porta stretta della salvezza
«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; verranno e vedranno la mia gloria» (Is 66,18). Un breve sunto escatologico ed un salmo di appena tre versetti, chiudono la terza parte ed il lungo libro del profeta Isaia. In esso il Signore assicura che tutte le nazioni ed i popoli di tutte le lingue saranno convertiti e condurranno a Gerusalemme come offerta a Dio i dispersi di Israele ai quali sono riservate le promesse eterne. I superstiti, cioè i pagani convertiti, diverranno missionari inviati a predicare sino agli estremi confini della terra dove ancora non è giunta la conoscenza del vero Dio. I pagani avranno accesso alle funzioni del culto proprio perché tra loro saranno presi dal Signore alcuni che diverranno sacerdoti e leviti. Sembra, a buona ragione, la metafora della situazione moderna della fede in particolare nelle nazioni di antica osservanza cristiana. Sempre più saranno i superstiti, cioè i veri convertiti, coloro che verranno inviati a predicare la buona novella fino in capo al mondo. La nuova evangelizzazione preconizzata dalle grandi catechesi di S. Giovanni Paolo II ed ancora oggi condotta dalla Sede Apostolica di Pietro, diviene sempre più in questo tempo di grave precarietà di fede e di azione cristiana, un’urgenza che coinvolge non più le grandi masse, ma i singoli fedeli, sicuramente più maturi e coscienti delle esigenze del Vangelo. Su questi passi si muove la Chiesa del Terzo Millennio, sfrontata dai fasti e dagli orpelli esteriori e più concentrata sull’essenzialità e sulla bellezza del vero culto al Signore che si esplica prima di tutto con la testimonianza concreta della propria vita e la professione del credo cristiano. P. Angelo Sardone