La più bella storia d’amore
«Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te e divenisti mia» (Ez 16,8). Una delle pagine simboliche più belle in assoluto che raccontano l’intensa storia di amore tra Dio ed il suo popolo con toni e termini antropomorfici molto significativi, è il capitolo 16 di Ezechiele. Il profeta, situandosi nella corrente analoga avviata da Osea, sviluppa in una lunga allegoria che tocca altri capitoli, la storia di Israele, come una storia di continua infedeltà. Il popolo è simboleggiato da una bellissima donna, a partire dalla sua nascita in Canaan, privata delle frizioni dopo il parto, abbandonata al suo destino e cresciuta come un arbusto selvatico. L’occhio di Dio la scorge nell’età dell’amore, stende addosso il mantello in segno di possesso e la fa sua. L’alleanza al Sinai è come il momento più alto dell’alleanza, col matrimonio. Nonostante ciò, infatuata della sua bellezza, ella si prostituisce facilmente con chiunque, attuando anche atrocità, come una “spudorata sgualdrina” (16,30). Il Signore l’abbandona a se stessa perché si prenda le sue responsabilità e le conseguenze determinate da questa incessante infedeltà che la porterà alla distruzione, attuata con la città e col tempio di Gerusalemme. Mai furono scritte cose così belle ed espressive che manifestano l’amore e le sue ragioni che spingono Dio ad amare il suo popolo, le sue creature, superando tutte le difficoltà dovute al suo stesso rifiuto. La storia si ripete oggi nella vita di chi, pur sentendosi amato e amata da Dio, per una inconsistenza spirituale dovuta alla sua superficialità o vanagloria, si lascia andare coi vari amanti che in ogni settore dell’esistenza, promettono beni che appagano al momento ma non hanno consistenza. P. Angelo Sardone