L’accoglienza di Dio nella propria casa
«Mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono» (Gn 18,8). Il Patriarca Abramo chiamato da Dio dalla zona di Ur dei Caldei, dopo aver lasciato la sua patria si incamminò verso la terra che il Signore volta per volta gli mostrava, fino a raggiungere la terra di Canaan. Spostandosi con le sue tende si accampò in una località detta “Querce di Mamre”, ad Ebron, a circa 30 km di quella che sarebbe poi stata Gerusalemme. La quercia nella mentalità biblica è sinonimo di sacralità e richiama particolari eventi. Spesso proprio accanto ad una quercia rigogliosa, adatta per riparare dalla calura, i nomadi piantavano le tende. Nell’ora più calda di un giorno mentre Abramo era seduto all’ingresso della sua tenda a riposarsi non senza un velo di mestizia, si presentarono tre uomini. Egli si era sempre mosso sull’onda della fede, aveva allacciato con Dio un rapporto di alleanza accogliendo le promesse di una discendenza numerosa, ma a parte Ismaele avuto dalla schiava Agar, non c’era speranza di un figlio suo perché Sara, sua moglie era sterile. Il senso dell’ospitalità in lui innato gli fa accogliere i tre ospiti e lo mobilita immediatamente nel preparare loro da mangiare, un tenero vitello e focacce. I tre, che si rivelano essere angeli, mentre Abramo rimane in piedi in atteggiamento di rispetto e venerazione, mangiano con gusto e chiedono di Sara. Evidentemente il loro passaggio era finalizzato. Promettono che di là ad un anno, quando ripasseranno, Sara diventerà madre di un figlio. Tutto puntualmente si realizzerà. La speranza e l’affidamento a Dio non deludono mai. P. Angelo Sardone