I cristiani ad Antiochia di Siria

L

«Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani» (At 11,26). L’evangelista Luca avanzando nella sua trattazione storico-ecclesiale presenta la Chiesa di Antiochia, in Siria, nella quale cominciò a concretizzarsi in maniera ufficiale e continua l’evangelizzazione dei pagani. La garanzia del legame con la Chiesa di Gerusalemme è data dalla persona di Barnaba, cui si aggiungerà Saulo-Paolo che diventerà quasi in assoluto il protagonista degli avvenimenti successivi. La città era molto grande con circa 500 mila abitanti ed un gruppo consistente di Giudei. In essa si era costituita una nuova comunità di cristiani che erano fuggiti da Gerusalemme per non subire la persecuzione scatenata contro di loro. Erano talmente attivi da determinare ben presto la costituzione di una comunità eccellente, numerosa e generosa, formata da cristiani provenienti dal paganesimo, seconda solo dopo quella di Gerusalemme e richiedere la presenza di Barnaba inviato direttamente dagli Apostoli. Barnaba a sua volta andò alla ricerca di Saulo a Tarso di Cilicia e lo condusse con sé ad Antiochia, rimanendo entrambi un anno in quella città. Da quella predicazione si costituirono anche le basi per lanciare il messaggio cristiano come da un centro di diffusione. Qui per la prima volta ai seguaci di Gesù di Nazaret fu attribuito l’aggettivo identificativo di «cristiani», distinguendoli dai Giudei. Il termine che era inizialmente un soprannome dispregiativo, faceva riferimento a Cristo, nome proprio che si aggiungeva a quello di Gesù e rimarrà tale soprattutto nella produzione letteraria e nella predicazione di S. Paolo. Cristiani si diventa col Battesimo: il termine evoca la grande dignità, come sottolineerà S. Leone Magno, di appartenere a Cristo e di essere suoi testimoni. P. Angelo Sardone

«Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano» (At 10,15).

Costretto a difendersi dall’accusa e dal rimprovero di aver mangiato a Giaffa con uomini non circoncisi, Pietro raccontò con ordine e precisione come erano andati i fatti. Mentre pregava, in estasi aveva avuto una visione misteriosa: vide come un recipiente calato dal cielo e sostenuto ai quattro capi. In esso c’era ogni sorta di animali e il Signore per tre volte gli ingiunse di mangiare ogni cosa, compresi gli animali che gli Ebrei ritenevano impuri, perché tutto era stato da Lui purificato. Pietro non comprese: questo il motivo per il quale per tre volte si ripeté la visione e l’ingiunzione, per confermarlo nella certezza che si trattava di qualcosa di divino. Sceso poi a Cesarea, sotto la forza dello Spirito si diresse a casa di Cornelio, un centurione retto, timorato di Dio che godeva di buona fama presso i Giudei ivi residenti. Qui capì che non occorreva più fare la distinzione tra Giudei e pagani in ordine alla comunità di vita e di mensa ed all’ammissione al Battesimo. L’apertura ai pagani, da lui avviata, corrispondeva alla volontà di Dio. Non si poteva continuare a rimanere nella cerchia dei Giudei che peraltro più volte avevano dimostrato chiaramente di non volerne sapere ed anzi avevano tenacemente avversato questa nuova apertura. L’imbarazzo di Pietro è sciolto dall’intervento diretto di Dio. Non ci si può attardare su cose sempre fatte e su cognizioni assodate quando invece è Dio stesso che dice il contrario. Questo vale anche oggi laddove però c’è la garanzia che viene dalla Chiesa. P. Angelo Sardone

Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

«La messe è molta ma sono pochi gli operai. Pregate dunque» (Mt 9,37-38).  La quarta domenica di Pasqua, detta del “buon pastore”, sin dal 1964 per volere di S. Paolo VI, è la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, giornata rogazionista per eccellenza, fondata sull’esplicito comando di Gesù: «Pregate il Signore della messe perché mandi gli operai nella sua messe» (Lc 10,2). Questa disposizione evangelica, rimasta pressoché sconosciuta per 19 secoli, è stata evidenziata e promossa con tutte le forze e l’azione apostolica e carismatica dal sacerdote messinese S. Annibale Maria Di Francia (1851-1927). La Chiesa lo ha dichiarato perciò «insigne apostolo della preghiera per le vocazioni, zelante maestro ed autentico anticipatore della moderna pastorale vocazionale». Le due Congregazioni da lui fondate, i Rogazionisti del Cuore di Gesù e le Figlie del Divino Zelo, unitamente a tanti laici, mentre si impegnano con voto all’obbedienza al «divino comando», promuovono e diffondono nel mondo lo spirito della preghiera e dell’azione per le vocazioni (rogatio-actio) perché non manchino mai alla Chiesa le vocazioni, in particolare quelle di speciale consacrazione: sacerdoti, consacrati e consacrate, claustrali, coniugi cristiani, consacrati nel mondo. Il dovere di pregare per le vocazioni appartiene a tutta la Chiesa: purtroppo questa preghiera non è ancora molto conosciuta, apprezzata e propagata. Un impegno più convinto di tutti, può e deve andare oltre la semplice organizzazione e, soprattutto, deve partire dalle ginocchia. Spesso all’origine di una vocazione di speciale consacrazione c’è una mamma, autentica “buona operaia della messe”: con la sua sensibilità e generosità promuove ed accompagna la donazione di un figlio o di una figlia al Signore ed alla Chiesa perché diventi strumento di grazia e di salvezza. Auguri a tutte le mamme in terra o nel cielo, nel giorno della loro festa, in particolare a quelle che hanno donato i loro figli al servizio di Dio nella Chiesa ed anche a coloro che, pur non generando col corpo, generano con frutto nello Spirito. P. Angelo Sardone

IV domenica di Pasqua

Sintesi liturgica

IVª Domenica di Pasqua, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

Paolo e Barnaba, missionari ad Antiòchia in Pisìdia, affermano con franchezza che la Parola deve essere annunziata prima di tutto ai Giudei. Di fronte al loro diniego si rivolgono ai pagani che invece l’accolgono con gioia. Perciò invitano i nuovi cristiani a perseverare nella grazia. Le pecore che appartengono a Cristo ascoltano la sua voce e lo seguono perché lo conoscono. Non andranno mai perdute né strappate dalle sue mani perchè da Lui ricevono la vita eterna. Una moltitudine immensa di ogni nazione, tribù, popolo, lingua e in vesti candide è ritta davanti al trono di Dio e manifesta il benessere escatologico: niente sete, né fame, né arsura, né lagrime perché vanno dietro il Pastore che è anche l’Agnello. La preghiera per le vocazioni, purtroppo ancora non molto conosciuta, apprezzata e praticata, deve essere propagata con più vigore, seria convinzione e matura perseveranza perché siano davvero numerosi e santi gli operai della messe che con fiducia si chiedono al Signore! P. Angelo Sardone

Le aperture di S. Pietro

«Non indugiare, vieni da noi! Pietro allora si alzò e andò con loro» (At 9,38). La vita della prima comunità cristiana a Gerusalemme vede attivi tutti gli Apostoli, in particolare Pietro. Egli rispondeva in pieno a quanto il Signore Gesù risorto gli aveva ingiunto di pascere le sue pecorelle e confermare i fratelli. L’evangelista Luca, estensore degli Atti degli Apostoli, il Libro della Chiesa, annota che l’Apostolo andava a far visita a tutti. L’intento era di quello di ispezionare le nuove Comunità cristiane che andavano formandosi, onde mantenere i legami con la chiesa degli Apostoli. Tertulliano, uno dei primi Padri della Chiesa, testimonia che «fondarono Chiese in ogni città. Da queste ricevettero la linfa della fede e i segni della dottrina. Tutte queste Chiese venivano considerate apostoliche, figlie delle Chiese degli apostoli». Il primo compito è riservato proprio a Pietro che in un certo senso apre le prospettive della predicazione e dell’evangelizzazione verso i pagani, ciò che diventerà in particolare l’apostolato di S. Paolo. La prerogativa dell’apostolo Pietro viene sottolineata da alcuni miracoli che testimoniano il carattere carismatico della sua azione sotto la potente mano di Dio e l’egida dello Spirito, a Lidda con la guarigione prodigiosa del paralitico Enea, a Giaffa con la resurrezione di Tabità, donna di grande carità. Ciò provoca la fede e l’adesione di nuovi cristiani. Il carisma non s’improvvisa: è propriamente un dono che si riceve dal Signore e lo si mette a totale sua disposizione perché la grazia compia anche oggi il miracolo della conversione e della sequela spontanea di Cristo. P. Angelo Sardone

L’Apostolo delle genti

«Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele» (At 9,15). Col capitolo nono del libro degli Atti degli Apostoli comincia l’epopea di S. Paolo, l’Apostolo per eccellenza, destinato da Dio ad essere il predicatore ai pagani e per i pagani. Il ciclo paolino si apre col racconto della sua conversione, cosa che interesserà per altre due volte il lettore, una sorta di espediente letterario di S. Luca anche se circostanziato in situazioni diverse con qualche differenza di racconto. Inflessibile ebreo, radicato nella legge sotto la guida del maestro Gamaliele, Saulo si è formato ai principi della fede del Dio di Abramo ed è coerente in tutto. Viene fermato però sulla via di Damasco mentre furente contro i cristiani, si sta dirigendo verso la città per arrestare e tradurli in prigione. Una forza misteriosa lo getta a terra, una luce intensa lo acceca, una voce potente gli parla: «Perché mi perseguiti?». Condotto a mano in città incontra Anania, un discepolo del Signore, già preavvertito da Dio stesso dell’arrivo di colui che sarà destinato ad essere vaso di elezione ed annunziatore della parola ai Gentili. Dio rovescia i disegni umani pure legati ad una salda e coerente fede ancorata ai principi del Vecchio Testamento. Il Signore risorto si identifica nei cristiani perseguitati. La vicenda di Paolo e dei cristiani vittime della persecuzione, continua ancora oggi nella vita della Chiesa e della società e vede protagonisti gli uni e gli altri nella meravigliosa avventura della fede proclamata e vissuta con coerenza, nonostante le tribolazioni e la morte. P. Angelo Sardone

L’evangelizzatore efficace

«Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù» (At 8,35). Accanto agli Apostoli ed in comunione con loro i primi Diaconi svilupparono il servizio della Parola. Stefano prima, Filippo dopo, furono al centro della cronaca debitamente documentata da S. Luca. Lo Spirito Santo guida e dirige la loro azione pastorale. L’abilità, la sottigliezza ed il coraggio di Stefano gli procurano la lapidazione e la morte. Per Filippo le cose vanno diversamente. Obbediente allo Spirito, si dirige sulla strada che da Gerusalemme conduce a Gaza. Qui si imbatte in un Etíope, eunùco della corte di Candàce, regina di Etiòpia, amministratore dei suoi beni, che, terminato il culto a Gerusalemme, seduto sul suo carro tornava in patria e nel frattempo leggeva il profeta Isaìa. Sollecitato da Filippo gli chiede di spiegargli di quale personaggio si trattava nella pericope che stava appena leggendo, il quarto Carme del servo di Jahwé. Prendendo la parola il diacono gli spiega tutto fino a giungere a Gesù, il personaggio che in visione il profeta aveva visto e cantato, al mistero della sua morte e risurrezione ed alla necessità per i suoi seguaci di battezzarsi e credere in Lui. Filippo fa una catechesi straordinaria, precisa e convincente, fino al punto da indurre l’etiope a chiedere spontaneamente il Battesimo. È l’attrazione di cui parla anche papa Francesco e non il proselitismo che a volte è controproducente. Se parla lo Spirito tutto va bene; se parla solo la bocca e non il cuore o la convinzione di un evangelizzatore anche colto, tutto è fugace e senza futuro. Filippo sparisce. L’evangelizzatore vero dona e poi va via. Chi rimane solo a rimpiangerlo e non si muove autonomamente, forse ha capito ben poco di lui e della fede. P. Angelo Sardone  

La persecuzione fonte di espansione

«Scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero» (At 8,1). La Chiesa di Gerusalemme sin degli inizi fu oggetto di violenta persecuzione, tanto da mettere in fuga nella Giudea e nella Samaria tutti i nuovi seguaci della fede cristiana. Costoro, pieni di neofito ardore, di luogo in luogo annunziavano la Parola. Le ricorrenti sintesi del racconto lucano, evidenziano con fuggevoli ed intense pennellate, persone ed avvenimenti che caratterizzano la fase iniziale della cosiddetta “implantatio Ecclesiae”. Saulo di Tarso che aveva fatto la sua silenziosa comparsa tra coloro che approvavano la lapidazione del diacono Stefano ed aveva raccolto il suo mantello, comincia in maniera autoritativa la sua missione di fiero avversario di Cristo, nel tentativo di distruggere la Chiesa nascente. Entra nelle case ed arresta uomini e donne cristiane. Il diacono Filippo si reca in Samaria, regione cuscinetto tra la Giudea e la Galilea, e qui predica e compie guarigioni e segni strepitosi, guadagnandosi l’attenzione della gente e procurando gioia nella città. Il coraggio acquisito col dono dello Spirito Santo tiene inizialmente gli Apostoli ancorati a Gerusalemme: devono compattarsi ulteriormente resi forti dal nuovo battesimo nello Spirito che ha conferito loro inaudite capacità espressive e forza apostolica trainante. I cristiani di ogni tempo, in forza del dono dello Spirito, prima attraverso il Battesimo e poi con la Confermazione, sono chiamati ad essere «missionari di Cristo» là dove la Provvidenza di Dio li colloca, avendo come scopo essenziale vivere la fede e testimoniare l’amore. P. Angelo Sardone