La mormorazione
«Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita» (Nm 21,8). Il libro dei Numeri, come dice lo stesso nome, non è solo il primo libro di statistiche al mondo, ma nei suoi 36 capitoli contiene interessanti tratti di storia del popolo d’Israele nella traversata del deserto dell’Esodo. Il popolo è insofferente del viaggio, non sopporta più la manna, il cibo così leggero procurato ogni giorno dal cielo, desidera la carne, è sprovvisto di pane e di acqua. Sono tutti ingredienti per una ribellione chiassosa contro Dio e contro Mosè, reo di averli indotti a lasciare l’Egitto. Il suo non è semplicemente un dire, ma una vera e propria mormorazione condita di astio acerbo e rosso rancore. La punizione non tarda a venire perché le invettive salgono direttamente al cielo contro il Signore al suo cospetto. Non si tratta di vendetta divina ma di naturale conseguenza di quanto si è sputato verso l’alto: torna inesorabilmente verso il basso e sporca. In questo caso l’insidia di morte viene dalla terra ed è costituita da serpenti detti “striscianti”, velenosissimi che mordendo causano inesorabilmente la morte. Muore un gran numero di Israeliti. I superstiti si avvedono della grave sciocchezza che hanno fatto e corrono ai ripari pentendosi e chiedendo perdono al Signore. La mediazione di Mosè ferma il flagello. Dio gli chiede di fare un serpente di bronzo guardando il quale chiunque è morso non morirà ma guarirà. Si intravvede in questa prospettiva il legno della croce e Gesù ivi confitto, attratti dal quale, si guadagna la salvezza. Terribile ed iniqua è la mormorazione, ieri come oggi. P. Angelo Sardone