Il Magistero di Pietro
«Cristo ci ha rigenerati, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce» (1Pt 1,3-4). Il magistero dell’apostolo Pietro subito dopo la risurrezione di Gesù ed in forza del mandato da Lui ricevuto, si esprime nella presidenza della Chiesa e nella predicazione. Di essa si ha abbondante notizia negli Atti degli Apostoli. La tradizione scritturistica ha conservato due lettere a lui attribuite, scritte in un greco armonioso e rivolte ai cristiani per sostenerli nel cammino della fede. La prima fu scritta da Roma ai cristiani della diaspora, con una ampia ricchezza dottrinale. Proprio agli inizi sono indicate le componenti essenziali della nuova vita, prerogativa dei cristiani, che dipendono dalla risurrezione di Cristo. Essa ha origine dalla benevolenza di Dio, si proietta in una speranza escatologica ed esprime il dinamismo della salvezza che supera una certa frustrazione del presente. Gesù Cristo ha riservato una eredità incorruttibile, senza macchia, che non appassisce e che guarda alla nuova terra, cioè al pieno possesso dei beni messianici. Tutto questo fa riferimento non a qualcosa di transitorio e di frammentario, ma ad una situazione definitiva e stabile. La speranza viva si allaccia a Dio ed alla sua trascendenza, i cieli nuovi: per questo è garantita e sicura. È interessante notare come la sorprendente ricchezza di questi alti contenuti di teologia e di vita siano indirizzati, ieri come oggi, ai cristiani e come dalla loro comprensione dipenda il retto andamento della vita vissuta sulla terra e proiettata verso il cielo. P. Angelo Sardone