Il rigore morale di Mattatia
«Molti in Israele si fecero forza e animo a vicenda per non mangiare cibi impuri e preferirono morire pur di non contaminarsi» (1Mac 1,62). La sezione dei libri storici della Bibbia cristiana si chiude con due, detti “Dei Maccabei” che non rientrano nel canone giudaico, ma sono comunque ritenuti ispirati. Contengono la storia delle lotte sopportate dai Giudei per la libertà politica e religiosa del popolo e suscitate dai re Seleuciti. Prendono il nome da Giuda, soprannominato “maccabeo”, cioè “martello”, che è l’eroe protagonista. Egli è il capo della insurrezione contro Antioco IV Epifane. Il soprannome passò all’intero periodo storico giudaico. Erano in campo da avversari il potere ellenistico conquistatore, nella persona di Antioco, “radice perversa” e da figli empi di Israele che preferivano fare accordi coi popoli conquistatori, e Mattatia che invece incitava alla guerra santa per non essere contaminati dalle istituzioni ed usi pagani. Antioco infatti saccheggiò il Tempio e prescrisse l’unificazione dei vari popoli, compresso quello giudaico, l’abbandono delle leggi, i sacrifici con carni immonde. Per Israele ciò costituiva il più alto sacrilegio. Tutto era in subbuglio: la vendetta dell’empio re era la morte di innocenti ed osservanti della Legge. Molti non volendo contaminarsi andavano incontro alla morte. È una grande lezione storica di coraggio e coerenza di uomini e donne dotati di fede certa e solide convinzioni religiose, non fanatiche, ma osservanti in pieno della Legge di Dio. Tanto si ha da imparare da questi esempi e questi gesti: molti cristiani di oggi con facilità preferiscono rinunziare alle loro convinzioni e seguire modi di pensare ed agire che contravvengono esplicitamente alla legge di Dio. P. Angelo Sardone