La fine del mondo
«Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni; sarà salvato chiunque si troverà scritto nel libro» (Dn 12,1). La fine dell’anno liturgico è caratterizzato dalla lettura di testi particolari che parlano della fine del mondo e dell’escatologia. La Chiesa riserva in quest’ultimo periodo prima di intraprendere il nuovo anno, considerazioni sul senso e la realtà della fine delle cose e del mondo, come Gesù Cristo stesso aveva preannunziato. Lungi dal destare una naturale paura, questo tempo che coincide col mese di novembre dedicato alla riflessione sulla morte ed alla venerazione dei defunti, diviene tempo propizio per aprire la mente ed il cuore a considerare la finitezza delle cose e regolare pensieri ed azioni su un versante di bene e di amore. Uno dei testi dell’Antico Testamento sulla resurrezione della carne, il libro profetico di Daniele, introduce la figura angelica di Michele, il grande principe che vigila su Israele. Daniele era un giovane giudeo deportato alla corte di Nabucodonosor ed ivi rimasto fino al terzo anno del re Ciro (537 a.C.). Al tempo della fine è dedicato il capitolo 12 con una visione singolare che riporta la più antica espressione di fede nel mistero della risurrezione. Dopo un periodo di grandi tribolazioni i morti risorgeranno alcuni per la vita eterna altri per la condanna. Non si sa quando sarà la fine: il mistero è sigillato nel tempo. Tale resta anche oggi. Gesù lo ha confermato chiaramente: la conoscenza del tempo di realizzazione di questo evento appartiene solo al Padre, nessuno lo sa. Con buona pace dei Testimoni di Geova e dei Millenaristi! P. Angelo Sardone