L’unico vanto di Paolo: il bene delle anime
«Questo è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio» (Rm 15,17). L’apostolo Paolo fu ministro di Cristo tra le genti col compito di annunciare il vangelo di Cristo, da Gerusalemme fino all’Illiria, perché i pagani divenissero un’offerta gradita a Dio, santificata dallo Spirito Santo. Rispettoso sia degli altri missionari contemporanei che delle popolazioni alle quali essi avevano annunziato il nome di Cristo, si era riservato di non costruire su fondamenti altrui, ma di andare in altri luoghi dove nessuno ancora si era recato. Nutriva infatti il proposito di recarsi in Spagna. Nonostante ciò, ligio al dovere dell’annuncio, aveva voluto ribadire agli abitanti di Roma, presso i quali avrebbe fatto una sosta, alcuni punti della fede perché, come aveva già detto Isaia, «quelli che avevano sentito parlare avrebbero compreso ulteriormente» (Is 52,15). Il suo lavoro apostolico fu essenzialmente quello di mettere in contatto gli uomini con Dio, per le cose degli uomini che riguardano Dio. Il successo in ciò, gli ha già procurato un vanto che gli deriva non tanto dalle sue azioni quanto dall’unione con Cristo, dal quale tutto gli veniva. È interessante come lo stesso autore della Lettera agli Ebrei, tracciando l’identità del sacerdote, lo definirà «costituito in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio» (Eb 5,1). Questo era ed è l’unico vanto dei ministri di Dio nello sviluppo della loro azione pastorale per la quale offrono la propria vita e, secondo la bontà e la Provvidenza di Dio, raccolgono frutti maturi e significativi. P. Angelo Sardone