Vieni e seguimi!

«Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai, poi vieni! Seguimi!» (Mc 10,21). I tre evangelisti sinottici riportano un incontro particolare che Gesù fece con un giovane (Mt), un tale (Mc), un capo (Lc), che gli rivolge la domanda seria e fondamentale per la sua esistenza: «Cosa devo fare per avere la vita eterna?». La tradizione cristiana ha definito da sempre questo il passo del giovane ricco, data la natura e la situazione dell’interlocutore, una pericope a forte valenza vocazionale. Il problema fondamentale del giovane è l’accaparramento della meta finale, la vita eterna. È un giovane buono, bravo, osservante da sempre della Legge di Dio, ma ciò non gli basta, avverte egli stesso una deficienza che può e deve essere colmata. La sua domanda è chiara: cosa mi manca ancora, cosa devo ancora fare per meritare questa meta. È interessante e significativa la dinamica di approccio raccontata da Marco: Gesù lo guarda intensamente, con i suoi occhi gli va dentro l’anima e lo ama, lo folgora cioè col suo amore di benevolenza. Solamente dopo gli risponde con una indicazione precisa e perentoria: «Va! Allontanati da me, allontanati da te, da tutto ciò che è tuo, da ciò che ti appartiene e sul qualche eserciti qualunque forma di egemonia. Liberati da tutto donandolo ai poveri, spogliati di tutto e libererà tende donandolo. Solamente dopo aver fatto questo vieni e seguimi». Non si può seguire Gesù se si è troppo pieni di sé, se si ha il cuore sopraffatto dai desideri di qualunque possesso materiale, culturale, affettivo. Gesù vuole il cuore libero, capace di seguirlo, vuole un cuore vuoto per poterlo riempire del suo amore, del suo zelo, della sua passione. Se il cuore umano è pieno di sé, ci sarà forse posto per una creatura od un bene, ma non per Dio ed il vero bene. P. Angelo Sardone

XXVIII domenica del Tempo Ordinario

La prudenza e la sapienza sono frutto della preghiera e sono di valore inestimabile. L’amore per loro supera quello per la salute e la bellezza. La luce e la ricchezza che da esse provengono sono incalcolabili e intramontabili. Per avere in eredità la vita eterna bisogna osservare in pieno i Comandamenti di Dio. Talora può mancare ancora una cosa: andare, vendere tutto quello che si possiede e darlo ai poveri, e solamente dopo tornare e seguire Gesù. Il giovane, penetrato nell’intimo dallo sguardo misericordioso e amorevole di Gesù, non è in grado di fare questo e ne va via triste perché è ricco. Chi lascia ogni cosa per amore di Gesù e lo segue, trova davvero tutto e viene ricompensato in tutto al cento per uno. Questa è Parola di verità, viva, efficace, tagliente come una spada e penetrante. Di ogni parola ascoltata dobbiamo rendere conto a Dio davanti al quale tutto è nudo e scoperto! P. Angelo Sardone

Il giorno del Signore

«Date mano alla falce, la messe è matura; pigiate, il torchio è pieno e i tini traboccano: grande è la loro malvagità!» (Gio 3,13). Fa un certo effetto leggere parole di questa portata pronunziate direttamente dalla bocca di Dio con la mediazione dell’incauto profeta che si presta a farsi comunicatore di un avvertimento impressionante. Le suggestive immagini tratte dalla natura e dalla vita dei campi, tipiche del nomadismo di Israele, evocano la situazione particolare di un popolo sempre restio alla fedeltà vera, alla perseveranza nel bene, facilmente ammaliato dalle situazioni e convenienze abitative o allertato dalla paura incombente dei popoli vicini. La misericordia di Dio si esprime come giudizio e giustizia in un giorno ed un luogo preciso: la valle di Giosafat, valle della Decisione e il giorno del Signore. La valle di Giosafat nel contesto biblico è la sede del giudizio apocalittico di Jahwé. Il giorno del Signore secondo come già Amos aveva profetato, è giorno di tenebre e di oscurità, giorno di ira feroce che renderà desolata la faccia della terra. Il quadro della profezia odierna è fosco e decisamente pauroso: sono compromessi e coinvolti gli astri del cielo; la voce di Dio diviene come un ruggito di leone. Egli è comunque rifugio e fortezza per chi confida in Lui. Sono sempre attuali queste considerazioni che superano il tempo e delineano la vigilanza di Dio sull’intera umanità. Anche se l’uomo d’oggi non pensa facilmente a queste cose, sono gli stessi avvenimenti a richiamarlo al realismo della precarietà delle cose e della conclusione della vita, sottoposta così minacciosamente alla paura della fine e del giudizio di Dio. P. Angelo Sardone

La desolazione di Israele e del tempio

«Priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio» (Gio 1,13). Del profeta Gioele, il cui nome significa Jahwé è Dio, non si ha alcun dato agiografico. Le supposizioni critiche pongono il suo servizio ministeriale intorno al V secolo a.C. Il primo capitolo del suo libro, presenta una liturgia profetica di lamento: si apre con uno squarcio doloroso della situazione della terra e del tempio di Dio. Alla descrizione della piaga delle cavallette, gravissima nel Medio Oriente, si uniscono lamenti ed inviti alla conversione, al digiuno ed alla penitenza. Il testo con evidente allusione simbolica, fa riferimento all’invasione di un esercito straniero o ad una situazione apocalittica futura. Sono queste le gravi conseguenze dell’allontanamento da Dio che provocano a ritroso una situazione angosciante che aprirà il giorno del Signore. Sono coinvolti i sacerdoti ed il luogo sacro come oggetto della devastazione dell’Onnipotente. La natura stessa si presenta desolata: i semi sono marciti, i granai sono vuoti, il bestiame geme e le greggi vanno in rovina. Insieme con il grano è scomparsa la letizia e la gioia. Occorre proclamate un digiuno ed una riunione sacra per guardare le prospettive di questo giorno apocalittico. Il quadro desolante spesso è stato richiamato nel corso della storia della Chiesa e del mondo e sottolineato come tempo di prova e di forte sterilità spirituale. A La Salette ai due pastorelli impauriti dal racconto la Madonna piangente aveva evocato una situazione simile sottolineando l’infedeltà alla legge del Signore, la scarsezza dell’offerta delle opere buone nella Casa di Dio ma anche la necessità di una vera conversione. P. Angelo Sardone

Il SANTO ROSARIO DI MARIA

«Rallegrati, Maria, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). La liturgia odierna celebra la Beata Maria Vergine del Rosario, memoria legata alla vittoria dei cristiani sui Turchi nella celebre battaglia navale di Lepanto (1571) nel corso della quale si avvertì l’efficacia della preghiera del popolo di Dio proprio attraverso l’uso della corona del Rosario. Secondo la Tradizione era stata la stessa Vergine Maria nel 1212 a consegnare a S. Domenico di Guzman il Rosario, come risposta ed arma efficace contro l’eresia albigese. S. Pio V, che era un domenicano nel 1572 istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, divenuta poi «Madonna del Rosario». Il Rosario, detto anche Salterio della Vergine è una eccellente preghiera, meravigliosa nella sua semplicità, con una impronta biblica incentrata sulla contemplazione degli eventi salvifici della vita di Cristo, cui fu strettamente associata la Vergine Madre (Direttorio Pietà popolare, 197). Tanti Santi testimoniano l’efficacia del Rosario per conseguire la salvezza e lo raccomandano particolarmente nella formazione e nella vita spirituale dei chierici e dei religiosi. A determinati giorni della settimana sono assegnati i diversi misteri: gaudiosi (lunedì, giovedì e sabato), dolorosi (martedì e venerdì), gloriosi (mercoledì e domenica). S. Giovanni Paolo II con la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae (2002), ha integrato nel Rosario i misteri della luce (giovedì). La Chiesa ha grande stima del Rosario e sollecita a pregarlo, senza ingenerare però un senso di colpa in chi non lo recita abitualmente, lasciando il «fedele serenamente libero e in composta tranquillità». Auguri a tutti coloro che portano il nome di Rosario o Rosaria. P. Angelo Sardone

Giona profeta

«Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico» (Gn 3,1). Il libro omonimo che si colloca in una data dopo l’esilio di Babilonia, prende il nome dal suo eroe, il profeta Giona, ed è una narrazione. Il genere letterario è quello dell’insegnamento. La sua storia testimonia il progresso spirituale della religione biblica. Il profeta ha ricevuto da Jahwé il compito di predicare agli abitanti di Ninive, in Assiria, ma non ne vuol sapere. L’Assiria era una grande potenza imperiale, un popolo aggressivo e sanguinario. Giona[h1] , autentico israelita, non se la sente di portare il messaggio ai nemici del suo popolo. Per questo si imbarca su una nave messa in grave pericolo proprio per la sua presenza ed il rifiuto della volontà di Dio. Gettato in mare come colpevole della malasorte, tutto si calma ed il profeta viene ingoiato da un grosso pesce nel quale rimane per tre giorni e tre notti. Il compito del profeta, data la sua natura, è quello di proclamare una parola non sua, una rivelazione divina, a volte anche ostile al pensiero dei destinatari e talora anche fonte di pericolo e persecuzioni. In alcuni casi, come quello di Giona, compie azioni simboliche. Il ventre del pesce ed i tre giorni di permanenza saranno richiamati direttamente da Gesù per significare i tre giorni della sua morte e sepoltura. La Parola di Dio è l’oggetto della predicazione: ad essa occorre attenersi allegandole vicende della propria vita che talora diventano un vero e proprio paradigma. Lo Spirito Santo fa tutti profeti: occorre stare sotto la sua azione che è prima di ogni cosa, purificazione e salvezza. La sua presenza autentica è comprovata dall’efficacia delle opere. P. Angelo Sardone


 [h1]

San Francesco d’Assisi

«Francesco, uomo di Dio, lasciò la sua casa e la sua eredità, si fece piccolo e povero; il Signore lo prese al suo servizio» (Antifona S. Messa). La Chiesa celebra oggi la festa di uno dei Santi più grandi e conosciuti al mondo, S. Francesco d’Assisi (1182-1226). Il Gioberti lo definì «il più amabile, il più poetico e il più italiano de’ nostri santi!». È capostipite di una grande famiglia di uominie donne che alla sua sequela hanno realizzato pienamente il Vangelo dietro Madonna Povertà, risplendendo di santità ed opere buone. Tuttora nel mondo intero uno stuolo innumerevole di religiosi, religiose e laici si ispirano a Lui, alla sua grande testimonianza cristiana ed ai suoi insegnamenti. Lasciata la vita godereccia della borghesia di Assisi, trasformato dalla grazia di Dio, abbandonò lo sfarzo e la ricchezza per abbracciare la povertà evangelica e farsi operatore per la ricostruzione materiale e morale della Chiesa. Nella sua umiltà non si sentì degno del sacerdozio e rimase diacono. La missione evangelizzatrice dentro e fuori Italia, il presepio ed il lupo di Greccio, il bacio al lebbroso, il Cantico delle creature, le stimmate ricevute dal Crocifisso, gli scritti, costituiscono un patrimonio dell’umanità di tutti i tempi e fanno di lui il Santo di tutti. La croce di Cristo, la semplicità di un bambino, la mitezza e l’umiltà di cuore lo hanno reso un punto di riferimento spirituale per il mondo intero. Il 1939 Pio XII lo dichiarò patrono d’Italia. Auguri a tutti coloro che portano il suo nome e che si ispirano a Lui nell’itinerario di santificazione. P. Angelo Sardone

XXVII domenica del Tempo Ordinario

La donna creata da Dio accanto all’uomo è l’aiuto che gli corrisponde perfettamente, una presenza che colma la sua solitudine, un aiuto che non si trova nella creazione vegetale ed animale. Ella è ossa dalle sue ossa e carne dalla sua carne, perfettamente unita a lui da un vincolo unitario creazionale nella originale differenza di maschio e femmina. Il vincolo si realizza in forma piena, indissolubile ed indiscutibile nel matrimonio. L’insegnamento di Cristo è perentorio: l’umo non separi ciò che Dio ha unito. Il divorzio appaga la durezza del cuore, ma dall’inizio non fu così. Gesù, di poco inferiore agli Angeli, a causa della morte è coronato di onore e gloria. Dio lo ha reso perfetto per mezzo delle sofferenze. In Lui si realizza la fraternità più vera e l’autentica santità. P. Angelo Sardone

Gli Angeli custodi

«Io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Camminerà alla tua testa» (Es 20.23). Oggi la Liturgia celebra i Santi Angeli Custodi. Le relazioni delle creature col Creatore sono mediate dalla presenza e dall’opera di questi Spiriti celesti che Dio ha messo accanto a ciascuno come custodi, protettori e guide. La loro esistenza è verità di fede. Essendo di natura spirituale essi contemplano costantemente il volto di Dio. Anche se non ci si rende conto, siamo sempre sotto la loro protezione: si prendono cura della vita spirituale delle creature che tengono lontane da pericoli dell’anima e del corpo. Il primo compito loro affidato è la custodia dell’uomo nel suo cammino sulla terra orientandolo verso la meta preparata dal Signore. Dio vuole che l’atteggiamento nei loro confronti deve essere di rispetto, ascolto, confidenza fiduciosa. Gli Angeli sono illuminatori delle anime, zelatori dei corpi, difensori dei beni (S. Giovanni Crisostomo): sostentano, illuminano, consolano nelle tribolazioni e nelle angustie, spesso liberano anche nelle infermità. Ciascuno ha accanto a sé un angelo custode che cammina alla sua testa e difende da ogni nemico, soprattutto quello infernale. Tanti Santi hanno avuto per gli Angeli una grande attenzione e sono stati affascinati dalla loro protezione. La venerazione per loro a volte è messa in gran confusione dalle moderni correnti della new age e concezioni simili. Una corretta ed autentica devozione verso gli Angeli dà luogo ad uno stile di vita consono al vangelo e caratterizzato non da fatalistici loro interventi ma da gratitudine per la loro santità e dignità, compostezza e pietà. Gli Angeli sono costantemente accanto a noi e ciò determina fiducia nell’affrontare situazioni anche difficili, perché è il Signore che guida e assiste anche attraverso il loro ministero. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Angelo, Angela e simili. P. Angelo Sardone

La piccola via della santità

«Il Signore la protesse e ne ebbe cura, la custodì come pupilla del suo occhio, la sollevò sulle sue ali» (Dt 32,10-12). Una straordinaria storia di amore è quella che il Signore ha fatto vivere ad una santa dei tempi moderni, la celebre Teresina del Bambino Gesù (1873-1897), la carmelitana scalza di Lisieux morta a soli 24 anni, patrona delle missioni. A cento anni dalla sua morte per la sua identità cristiana matura ed ardita e gli scritti con intuizioni vaste e profonde, è stata dichiarata Dottore della Chiesa, la più giovane ad avere avuto questo riconoscimento ecclesiale. Nata in una famiglia di eccezionale caratura cristiana, all’età di 15 anni imitando e seguendo una sorella, scelse il Carmelo. La Chiesa ha riconosciuto anche le preclare virtù dei suoi genitori, i coniugi Martin, sposi «degni più del cielo che della terra» (S. Teresina) dichiarati santi il 2015. La carità fu la chiave della sua vocazione e pur non avendo mai messo piedi fuori del monastero, si è inserita nel cuore della Chiesa ed ha raggiunto i confini della terra con la larghezza del suo amore. La dottrina della fede e l’esperienza concreta del fiducioso abbandono nelle mani di Dio, retto dall’obbedienza, pur tra le contraddizioni e le incomprensioni da parte delle persone che le erano più vicine e che dubitavano del suo reale cammino di perfezione, sulle orme dei grandi Carmelitani ha costruito la sua santità attraverso la “piccola via” della confidenza in Dio e del totale affidamento alla sua grazia. Oggi è modello per i giovani nella generale confusione pandemica del peccato e di esempi dubbi e fuorvianti. P. Angelo Sardone.