Edith Stein, martire e sposa della croce
«Ti farò mia sposa per sempre, nell’amore, nella benevolenza, nella fedeltà» (Os 2,18-22). L’esperienza profetica di Osea si configura nei termini di alleanza col Signore nel segno del matrimonio. Dopo avergli ingiunto di sposare Gomer, una prostituta ed avere da lei tre figli i cui nomi richiamano la condizione del popolo d’Israele ribelle ed infedele, Jahwé risponde con la sua grande tenerezza, nonostante che la moglie torna a prostituirsi. La vicenda coniugale contrassegnata dal tradimento e l’infedeltà è lo specchio del rapporto che il popolo costruisce ogni giorno con Dio accogliendo il suo patto. Infatti il rapporto di amore di Jahwé con Israele è analogo a quello di uno sposo con la sua sposa. I termini sono propri del connubio matrimoniale: amore, benevolenza, fedeltà, giustizia, diritto. Alla fine vince sempre l’amore che è misericordia, perdono ed accoglienza. In analogia a questo dato biblico e teologico corre la vicenda umana e spirituale di Edith Stein, S. Teresa Benedetta della Croce (1891–1942) filosofa e mistica delle Carmelitane Scalze. “Illustre figlia d’Israele” (S. Giovanni Paolo II), dall’ebraismo praticato nell’adolescenza per nascita, passò all’ateismo ed infine si convertì al cattolicesimo divenendo monaca carmelitana. Aveva seguito Edmund Husserl e la sua corrente filosofica detta fenomenologia che l’avvicinò alla fede cristiana. Scovata dalla Gestapo in un monastero in Olanda, venne tradotta nel campo di concentramento di Auschwitz insieme alla sorella Rosa, terziaria carmelitana scalza e trucidata nel 1942. Fu sposa del Signore sotto il segno della croce, evocato nel suo nome di religione. P. Angelo Sardone