S. Mattia, il sostituto
316. «Il suo incarico lo prenda un altro» (At 1,20). A seguito del tradimento e della morte tragica di Giuda Iscariota, era necessario sostituirlo nel Collegio apostolico dei 12 scelti da Gesù per la missione evangelizzatrice. Si tratta esplicitamente della volontà di Dio già manifestata nella Sacra Scrittura negli scritti profetici di Davide che in due salmi distinti aveva previsto l’evento. Nella Chiesa di Gerusalemme prende l’iniziativa Pietro il primo degli Apostoli, che alle 120 persone radunate fa nota questa urgenza. Nel piano divino della salvezza, anche se misteriosamente, era necessaria la defezione di Giuda. Ora, secondo il volere dello Spirito Santo, un altro deve prendere il suo posto. Non può trattarsi di una persona qualsiasi, ma di uno che sia testimone della risurrezione ed abbia frequentato il gruppo dal battesimo di Giovanni fino all’ascensione di Gesù al cielo. Vengono proposti due nomi: Giuseppe e Mattia. Di loro non si parlerà più in seguito. Tutti pregano e la sorte cade su Mattia, il cui nome, come Matteo, significa “dono di Dio”. La comunità cristiana constata così che la scelta l’ha fatta Dio. Secondo alcuni storici S. Mattia avrebbe evangelizzato l’Etiopia e sarebbe morto a Sebastopoli in Crimea. Nei primi passi giuridici della Chiesa nulla è lasciato al caso: la guida dello Spirito Santo è efficace in tutte le circostanze e dimostra che i posti vuoti vanno riempiti. Il collegio dei Dodici si ricompone e tutto rientra nello schema organizzativo voluto da Dio prima con i dodici figli di Giacobbe ed ora col nuovo Israele, la Chiesa. La pienezza nel numero e nell’efficienza del ministero è sempre necessaria, anche oggi nonostante la perdurante crisi vocazionale. P. Angelo Sardone