Visitazione di Maria a S. Elisabetta
«Rallégrati, figlia di Sion, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme» (Sof 3,14). La visitazione di Maria a sua cugina Elisabetta, posta liturgicamente nei mesi successivi all’Annunciazione e prima della nascita di S. Giovanni Battista, esprime contemporaneamente lo zelo della carità e la gioia di condividere il mistero. La giovane Vergine di Nazaret che ha appena ricevuto il dono della maternità a seguito della sua adesione al piano di Dio, in fretta si reca ad Ain Karim nella regione montuosa della Giudea per stare con l’anziana cugina che è agli sgoccioli della gravidanza. La prima rappresenta il compiersi della salvezza, la seconda, l’attesa. L’intero mese di maggio, caro alla pietà popolare mariana, trova così in questa memoria il suo coronamento. La Vergine Madre “che porta in grembo il Figlio di Dio, si reca da Elisabetta per porgerle l’aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore” (MC 7). Nel terzo e conclusivo capitolo del suo libro, il profeta Sofonia, come in un salmo di gioia e di speranza nel futuro messianico, inserisce l’acclamazione che la Chiesa ha fatto sua nell’odierna memoria mariana, detta anche festa del Magnificat, a causa dello straordinario inno di lode che Maria proclama. Maria di Nazaret che acclama a ed esulta, è la vera Figlia di Sion e la Figlia di Gerusalemme, le due località che identificano la tribù di Giuda e lo stesso Israele dopo che il Regno del Nord che comprendeva 10 tribù era stato distrutto dagli Assiri il 722. Maria porta in sé la pienezza della grazia. Il dono ricevuto mette ciascuno nella condizione di doverlo condividere, anche a costo di sacrifici e rinunzie. Il tutto, ricompensato da una accoglienza singolare, farà sgorgare un canto di lode. P. Angelo Sardone