Il cantico dei tre giovani
265. «Dio ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui» (Dn 3,95). La suggestiva vicenda dei tre giovani, provenienti dalla nobiltà israelitica, amici del profeta Daniele, già sovrintendenti agli affari politici della regione di Babilonia, gettati nella fornace ardente dal re Nabucodonosor e da lui liberati ed accreditati presso la sua reggia come saggi e timorati da Dio, costituisce un grande, efficace ed attuale insegnamento. Essi rifiutano di adorare la statua d’oro costruita dal re e sono gettati nella fornace ardente che però non arreca loro alcun danno. Anzi, proprio in mezzo al fuoco elevano al Signore la loro preghiera divenuta celebre come il “Cantico dei tre giovani”, un compendio bellissimo di lode cosmica e di gloria a Dio. Sei volte si benedice direttamente il Signore, 33 altre volte si invitano tutte le opere di Dio, specificandole, da quelle aeree e terrestri fino agli spiriti beati ed alle anime dei giusti, a lodare e celebrare il Signore “perché la sua grazia dura sempre”. In grandi linee viene ricalcato l’ordine della creazione: dalla maestà dei cieli e delle singole creature, alla dignità dell’uomo; dall’ordine nel creato fino alla contemplazione del Signore. Il re Nabucodonosor rimane stupito del miracolo che fuoco che non brucia e della solenne invocazione; li fa liberare dalla fornace e benedice egli stesso il Dio di questi giovani rimasti fedeli al loro dio trasgredendo il suo comando. Riconosce l’intervento miracoloso dell’angelo che li aveva liberato dalle fiamme perché confidavano in Dio. Anche chi non ha avuto il dono della fede, se è davvero intelligente ed umile, sa riconoscere nel creato e nelle creature la potente mano di Dio e si dispone a benedirlo. P. Angelo Sardone