La donna figlia, moglie e madre
249. «La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta» (Gen 2,23).
L’indicazione biblica non è semplicemente l’atto di nascita ma anche la conferma dell’identità specifica della donna, la creatura messa da Dio accanto all’uomo, che racchiude in sé le peculiarità di dolcezza, fortezza, bellezza, eroismo, sacrificio, spiritualità. Dire donna significa dire “dono”. Nonostante che nell’antichità essa godeva di una condizione sociale bassa, destinata all’unica responsabilità della procreazione e dell’educazione dei figli, era sinonimo di fonte di vita ed era esaltato il suo ruolo di moglie e di madre. La Sacra Scrittura definisce la donna “aiuto simile all’uomo”: per questo egli lascia i suoi genitori per vivere con lei. La soggezione e dipendenza della donna dall’uomo erano concepite come maledizione. Una certa proclamata inferiorità era un deterioramento della condizione primitiva e genuina dell’umanità. Nella Bibbia un gruppo interessante di donne sono esaltate per la loro intelligenza, devozione, eroismo. Gesù ha nei loro confronti una posizione nuova, rivoluzionaria, con princìpi che si oppongono all’umiliazione sociale e giuridica propria dell’Oriente, ed all’eccessiva emancipazione a Roma. Conosceva la loro vita, le fatiche di ogni giorno, la loro premura. Alcune di esse lo accompagnarono fin sotto la croce: ad una apparve per prima dopo la sua risurrezione. Identità e ruolo della donna, figlia, sposa, madre, consacrata, sono oggi considerati in maniera diversa da un nuovo modo di vedere la creatura, la cui dignità è esaltante. “Dove non c’è donna, l’uomo geme randagio” (Sir 36,27). Auguri, donna, oggi e sempre. P. Angelo Sardone