Terzo carme del Servo di Jahwè
272. «Non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro» (Is 50,5). Il terzo carme del Servo di Jahwé, evidenzia ancora una volta la sua missione di maestro, l’opposizione che riceve e l’assistenza da parte di Dio che porta al successo. Grazie alla sua tenacia, al coraggio e soprattutto all’aiuto divino, sopporterà ogni persecuzione e giungerà al trionfo definitivo accordato da Dio. Non risponde al male con il male, proclama con le parole e con le opere una missione che viene rifiutata ed è vittima della violenza, del disprezzo e della umiliazione: barba strappata, sputi in faccia, gratuita umiliazione, insulti violenti. Si ravvisa alla lettera quanto succederà a Gesù nella sua passione. La vocazione profetica implica l’identità di discepolo con gli orecchi per ascoltare ogni giorno e la lingua per parlare. Ciò non rende semplice la vita, attirando l’opposizione e la persecuzione dei nemici. È una esperienza davvero dolorosa, con difficoltà molto gravi, che il servo ha preso sulle sue spalle ed ha portato fino in fondo, abbandonato da popolo, ritenuto pazzo ed illuso, ma fedele perché convinto di essere nel giusto. Si evidenzia così la contraddizione della vita dell’uomo che rifiuta qualsiasi forma di aiuto per l’orgoglio che ha di pensare di star bene, che non ha bisogno di nulla, ingolfato com’è in una situazione di male che lo rende schiavo del male e non lo fa riconoscere come tale. Al contrario ciò manifesta l’estremo bisogno che l’uomo ha di essere salvato, di qualcuno che anche oggi gli tenda la mano, e che nell’umiltà e l’apparente sopraffazione del male violento, gli predichi l’amore, l’accondiscendenza, il perdono. Non sempre è vittorioso chi vince! P. Angelo Sardone