Il vero digiuno
La semina del mattino
237. «Quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano» (Mt 6,16). Al tempo di Gesù i farisei praticavano due giorni di digiuno la settimana; la stessa cosa facevano i discepoli di Giovanni (Mc 2,18). La venuta del Messia supera ed esclude il digiuno del senso giudaico, perché il Maestro da una parte manifesta la ragione più vera e profonda del digiuno, dall’altra condanna la maniera esibizionista nel praticarlo. Non basta osservare con scrupolo le prescrizioni della legge mosaica, ma avere il cuore vicino a Dio. Gesù insegna che il vero digiuno è il compimento della volontà del Padre celeste, che “vede nel segreto, e ricompensa” (Mt 6,18). È finalizzato a mangiare il “vero cibo”, cioè la volontà del Padre (Gv 4,34), ad esorcizzare, insieme con la preghiera, gli spiriti maligni (Mt 17,21). Ad imitazione della prima comunità cristiana, il digiuno deve accompagnare la preghiera prima di prendere una decisione importante. In stretta connessione con essa, questa pratica di mortificazione fortifica la virtù, suscita la misericordia, implora il soccorso divino, conduce alla conversione del cuore. Col digiuno si tiene a freno il peccato e si apre nel cuore la strada che porta a Dio. Il digiuno ha senso se quello che viene risparmiato è destinato per l’assistenza ai poveri ed agli ammalati. «Quanto sarebbe religioso il digiuno, se quello che spendi per il tuo banchetto lo inviassi ai poveri!» (S. Ambrogio). Questa pratica ascetica di qualità può essere un’arma spirituale per lottare anche contro ogni attaccamento disordinato a noi stessi ed agli altri. P. Angelo Sardone