Gloria di Dio è l’uomo vivente
La semina del mattino
223. «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gen 2,7). Il racconto della creazione si fa sublime quando Dio dal suolo trae l’uomo e lo rende vivente.
All’inizio del secondo capitolo della Genesi secondo la fonte cosiddetta Jhavista, (da Jahwè, Signore, il nome che qui viene adoperato), l’autore sacro torna sulla creazione dell’uomo con sfumature più intense. Tutta la realtà creata culmina nell’arrivo dell’uomo del quale si dice originato dalla terra, creatura di terra, e nel quale, cosa unica, Dio soffia l’alito di vita, rendendolo vivente. Dio gli dona l’anima umana, la coscienza, la libertà, doni riservati solo all’uomo che somiglia a Dio, e lo differenzia da tutti gli altri esseri rendendolo superiore col potere di conferire il nome alle cose create. L’uomo, creato ad immagine di Dio, occupa un posto unico nella creazione; è un essere composto da corpo e spirito, non è qualcosa, ma qualcuno. È dotato di un corpo che lo rende partecipe della dignità di immagine di Dio, e di un’anima, cioè di un principio spirituale: per questo è destinato a diventare il tempio dello Spirito Santo. È la più grande figura vivente, “più prezioso agli occhi di Dio dell’intera creazione” (S. Giovanni Crisostomo). Il genere umano in forza dell’origine comune forma una unità: Dio “creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini” (At 17,26). Nell’unità di corpo ed anima l’uomo è dunque la sintesi degli elementi materiali che in lui prendono corpo, per lodare il Creatore e tendere a Lui. P. Angelo Sardone