Il sacerdozio ed i sacerdoti

La semina del mattino

200. «Ogni sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati (Eb 5,1). La trattazione teologica del sacerdozio di Cristo nella Lettera agli Ebrei tocca il vertice nell’affermazione di Cristo sommo sacerdote in grado di compatire le infermità, superiore al sacerdozio levitico, mediatore di una migliore alleanza sigillata col suo sangue. A lui deve ispirarsi ogni sacerdote ministro della Chiesa se vuole dare pieno senso alla sua vocazione ed al suo ministero. Luogo di provenienza è il popolo di Dio, gli uomini, tra i quali viene preso, scelto, per essere costituito tale per il bene degli uomini in tutto ciò che riguarda e si riferisce a Dio. Il suo compito è l’offerta non solo dei doni e dei sacrifici, ma soprattutto di se stesso: “l’offerta, cioè la vittima, è inseparabile dal sacerdote” (Giovanni Paolo II). La sua condizione di uomo, seppure trasformato dalla grazia dell’ordine sacro, non lo eleva alla condizione di superuomo, ma lo impegna in un cammino virtuoso di testimonianza, umiltà ed esempio in tutto. La scelta di Dio non è in base al ceto sociale dell’uomo, alla sua intelligenza o al potere, ma è determinata esclusivamente dall’amore, perché l’uomo diventi amore fino a dare la propria vita per gli altri. Lungi dalla sua mente il carrierismo, lo stato sociale elevato o favorito, la smania di incensi, paramenti dorati, berrette e codazzi cardinalizi. Cristo rifiuta queste modalità, chiedendo invece di scarlatto, la tunica della Passione ed il sangue dell’oblazione e del sacrificio. E questo, ogni giorno. P. Angelo Sardone

La saggezza del discernimento

199. «Se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”» (1 Sam 3,9). Ogni storia vocazionale ha il suo modello in quella di Samuele, profeta d’Israele che vive nel tempio ma che, data la sua età, non ha capacità immediata di comprensione e discernimento. La mediazione del suo maestro, il sacerdote Eli, è determinante ai fini della chiarificazione. La chiamata che risuona più volte nel cuore della notte non è allucinazione o sogno, ma è realtà e segno della insistenza amorosa con la quale il Signore chiede la collaborazione di un ragazzo per il suo piano di salvezza. La saggezza del sacerdote e la disponibilità del ragazzo danno compimento pieno alla volontà di Dio che prepara il suo popolo ed il futuro profeta a non lasciare andare a vuoto nessuna Sua Parola. Non basta l’entusiasmo del neofita che abita nella casa di Dio, anche giorno e notte, non è sufficiente l’esercizio di un ministero a servizio del popolo. È indispensabile il discernimento retto, serio, maturo, frutto di una professionalità derivante non da lauree, intraprendenza, esposizione ed efficienza mediatica, quanto da esperienza consumata davanti al tabernacolo ed al servizio di Dio e del suo popolo. Ciò che conta è l’umiltà, la docilità alla grazia e la competenza fatta di ginocchia e nel nascondimento, frutto di applicazione nell’ascolto della Parola e della vita degli altri. Solo così la volontà di chi è guidato e condotto, trova nel maestro piena veridicità e supporto concreto. La sua, allora, non è solo entusiastica ed effimera risposta di un giorno o di un tempo, ma impegno di tutta una vita, senza lasciare andare perduta parola alcuna di Dio ed anche dell’uomo. P. Angelo Sardone.

La ferma professione di fede

La semina del mattino

198. «Poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, Gesù, manteniamo ferma la professione della fede» (Eb 4,14). La lettera agli Ebrei è un autentico compendio teologico. La realtà del sacerdozio di Cristo inaugurata dal mistero della sua morte e risurrezione, completa l’antico sacerdozio con la differenza che Gesù è contemporaneamente sacerdote, vittima ed offerta. Adempiendo il salmo profetico, Gesù è venuto per compiere la volontà di Dio (Sal 39, 8-9) e realizzare la salvezza. I sacrifici e le antiche offerte sono superate ed espresse dall’unico perfetto sacrificio che si rinnova ogni giorno sull’altare nella celebrazione della S. Messa. In essa Gesù si offre ed è offerto come vittima di espiazione per i nostri peccati. Il sacerdote offre in “persona Christi” il sacrificio per i peccati suoi e del popolo di Dio. Il cristiano è chiamato a tenere ferma la sua fede, facendola crescere alla scuola del Vangelo e alimentandola con la pratica della vita sacramentale. Oggi, soprattutto, dinanzi a sconvolgimenti continui, delusioni, confusione morale, scandali anche da parte di ecclesiastici e buoni fedeli, preoccupazioni per il domani, non è facile mantenere fede alla professione battesimale che vincola in una pratica di vita coerente ed impegnativa. È facile venire meno ai propri impegni, giustificandosi con facilità per la debolezza umana, le contingenze storiche ed esistenziali. Proprio in una situazione precaria è invece indispensabile mantenersi fermi nella professione della fede che si prova nella difficoltà e nella prova. Questa è stata la logica dei Santi, guardando a Gesù Cristo, «autore e perfezionatore della nostra fede» (Eb 12,2). P. Angelo Sardone

La solidarietà

La semina del mattino

197. «Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”» (Mt 9,2). Diversi interventi di Gesù, terapeutici o di insegnamento, spesso sono in linea e risposta ad una precisa manifestazione di fede da parte degli interlocutori. La sua didattica è una introduzione costante alla dimensione della fede sulla quale deve regolarsi e reggersi la vita. I suoi primi insegnamenti insistono su una adesione sincera e costante al Vangelo che è nello stesso tempo veicolo di fede ed esige la fede. Le malattie fisiche e spirituali trovano in Lui il medico sempre pronto ad accogliere ed intervenire. Anche la solidarietà si fa carico delle miserie e delle sofferenze ed in un ritmo di fratellanza prende il peso soprattutto di chi non è in grado di affrontare da solo le difficoltà di un incontro personale con Cristo. L’episodio evangelico a Cafarnao della guarigione del paralitico introdotto in casa attraverso il tetto scoperchiato a causa della grande ressa di persone, testimonia che la collaborazione caritativa non è semplicemente filantropia, ma manifestazione di fede. Il gesto compiuto nei confronti di un povero indigente incapace a muoversi da solo ed il coraggio di compiere un gesto fuori del comune calandolo dalla sommità della casa, è manifestazione di grande carità verso il prossimo e di fiducia nell’onnipotenza di Dio. Gesù premia la fede dei soccorritori e quella del paralitico concedendo, a lui la guarigione dello spirito col perdono dei peccati e la salute del corpo, ed ai generosi volontari la gioia di vederlo andarsene a casa coi suoi piedi. P. Angelo Sardone.

Il Signore cerca un cuore non indurito

La semina del mattino

196. «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione» (Eb 3,7). Il grande dottore di Gerusalemme, autore della Lettera agli Ebrei, volendo mettere in guardia i suoi interlocutori dalla presenza di un cuore perverso e senza fede, onde introdurli nella sicurezza della terra promessa, riprende testualmente cinque versetti del Salmo 95, 7-11. L’attualizzazione del testo riguarda la nuova situazione determinata dalla crescita nella fede che avvicina al Signore e dalla comune esortazione a non indurire il cuore sedotto dal peccato. La Scrittura si spiega con la stessa Scrittura e pagine bellissime del Vecchio Testamento trovano attuazione e comprensione negli scritti del Nuovo. La vicenda storica dell’Esodo ha segnato la vita del popolo d’Israele, sia per il lungo peregrinare nel deserto, che per tutti gli avvenimenti lieti e tristi che lo hanno caratterizzato fino all’ingresso nella Terra promessa da Dio, considerata come luogo del riposo. Nel corso dell’itinerario quarantennale, spesso il popolo si ribellò al Signore, chiese pane, carne ed acqua e, nauseato di questi prodotti, indurì il cuore nel peccato di idolatria, mancanza di fiducia, disobbedienza. Furono molti i giorni della ribellione, soffocati da precisi e purificatori interventi di Dio che causarono anche morti nel deserto. La mancanza di fede, impedì agli Ebrei, compreso Mosè, di entrare nella terra promessa. La partecipazione alla vita ed alla morte di Gesù, oggi, esige di mantenere sicura sino alla fine la fiducia in Lui, pena l’esclusione dalla partecipazione alla sua gloria. L’insegnamento biblico ribadisce la serietà con la quale si deve seguire in Signore nell’itinerario di una fede semplice, ma matura, lineare e non ingolfata in tanti spiritualismi e ingannevoli devozionismi. P. Angelo Sardone

Andiamo altrove! Andate altrove!

La semina del mattino

195. «Tutti ti cercano! Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1, 37-38). Lo straordinario potere esercitato da Cristo con la sua predicazione e gli interventi miracolosi, lo impongono alla curiosità ed alla ricerca del popolo che lo segue, lo acclama e lo ascolta. Non è lo scriba di turno o il maestro improvvisato. La sua parola è viva e penetrante; il suo modo di fare è dolce e convincente; la sua autorità è divina; la sua opera è efficace sui demoni e terapeutica per le varie malattie. La sua notorietà è grande. Ma egli è schivo da tutto questo, ritenendo che il suo compito è universale, non è riservato solo ad un luogo o a poche persone. Vede le acclamazioni entusiastiche già proiettate nel pretorio di Pilato dove si tradurranno nel vile “crocifiggilo!”. I villaggi vicini attendono la sua predicazione; gli afflitti il suo conforto, gli sfiduciati la sua consolazione, i malati la guarigione. Il suo ministero deve risolversi in più ampio spazio predicativo. Tutti lo cercano ed hanno bisogno di Lui. Attraverso la buona novella, Egli cerca le anime, si dirige al cuore, sazia la fame e sete di Dio, guarisce le ferite interiori. L’evangelizzazione continua oggi attraverso i sacerdoti, ministri forti e miti della Parola che salva. A volte da parte di alcuni fedeli c’è un’eccessiva e spropositata concentrazione di attenzione e di ascolto sul predicatore di turno, elegante o stravagante, amante delle telecamere, dei titoli di pubblicazioni o dei like. Non tutti i ministri del Signore hanno l’umiltà, la forza e la maturità per dire come Gesù: andiamo altrove, c’è tanto altro da fare! P. Angelo Sardone

Polizzine 2021

Sono in diffusione le POLIZZINE di Gesù Bambino 2021. Chi è interessato a riceverne può scrivere all’indirizzo e-mail upv.ics@rcj.org o allegare il numero di cellulare. Sarà nostra premura sorteggiare la polizzina ed inviarla in formato jpg. Sarà tutelata in ogni modo la privacy.

Gesù vince sempre il demonio

La semina del mattino

194. «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» (Mc 1, 24). Il primo capitolo del vangelo di S. Marco delinea con immediatezza e sintesi documentaria, la preparazione ed il primo ministero di Gesù nella Galilea. A Cafarnao, città che poi eleggerà come sua sede abituale, Gesù parla nella sinagoga, il luogo dell’assemblea e della preghiera, dove si radunavano gli Ebrei per la lettura della Legge, la Torah e l’istruzione religiosa. In essa vi insegnavano i maestri d’Israele. Agli inizi del suo ministero evangelizzatore, Gesù non aveva fatto colpo solamente sui suoi ascoltatori affascinati dalla sua autorevole parola, molto diversa da quella degli Scribi, ma anche e soprattutto sui demoni, gli spiriti immondi, come li chiamava il mondo giudaico, fortemente infastiditi dalla sua presenza e dalle sue azioni. Un giorno, in quella sinagoga, uno di essi scalpita e attraverso un uomo da lui posseduto, grida a squarciagola. Rifiuta l’insegnamento, deplora la rovina nella quale si trova a causa sua e, a suo modo, fa una vera e propria professione di fede: «So bene chi sei, il santo di Dio!». Riconosce Gesù come il “santo” unitamente a ciò che si ricollega a Lui. È stridente e duro, e lo sarà per tutto l’arco della vita e della missione pubblica, il contrasto tra Gesù e le forze del male alle quali Dio stesso permette che si impossessino dei corpi umani, straziandoli, fino poi a sottomettersi all’autorità del Figlio di Dio. I demoni erano i veri nemici di Gesù: il conflitto è l’eterna lotta tra il bene e il male. Il demonio che vuole sempre rovinare, allora come oggi, di fatto viene rovinato dalla presenza di Gesù e dalla grazia sacramentale. P. Angelo Sardone

Il Battesimo di Gesù

La semina del mattino

192. «Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni» (Mc 1, 9). Con la sobrietà tipica del suo stile narrante, l‘evangelista Marco in tre versetti documenta il Battesimo di Gesù. È il primo evento che precede il ritiro quaresimale nel deserto, l’inizio della vita pubblica e della predicazione in Galilea, la chiamata dei primi quattro discepoli. Il luogo di partenza è Nazaret, la città nella quale era stato allevato da Maria e Giuseppe per trent’anni; il luogo del battesimo è al sud, in Giudea, nel deserto, dove Giovanni amministrava un battesimo di penitenza, accogliendo tutti coloro che accorrevano da quella zona e da Gerusalemme. Le persone si immergevano nel fiume. Da questo rito deriva il termine “battesimo”, dal verbo greco che significa ”mi immergo”. Giovanni battezzava coloro che si convertivano alla religione ebraica, giudei ed altri, persone adulte, consapevoli dei propri peccati e capaci di azioni concrete di pentimento. Galilea e Giudea, città di Nazaret e fiume Giordano, sono come i punti cardinali della Palestina che inquadrano la vicenda storica e terrena del Messia, territorio nel quale si realizza la sua predicazione ed i suoi straordinari interventi. Dal silenzio e nascondimento di Nazaret, Gesù passa alla notorietà ed all’azione evangelizzatrice che lo proporrà come il Maestro. Il battesimo che segna l’inizio della missione è l’investitura messianica. Ad attestarglielo è il Padre celeste: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». L’acqua ed il sangue sgorgati dal costato aperto di Cristo crocifisso saranno il segno del Battesimo e dell’Eucaristia che segnano la nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo. P. Angelo Sardone

Preghiera: bisogno per vivere

191. «Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare» (Mc 6,46). L’intera vita di Gesù è corredata dalla preghiera frequente: Egli era in perfetta e continua comunione col Padre. Gli evangelisti rilevano questa predisposizione e più volte la sottolineano soprattutto prima o dopo avvenimenti di particolare importanza. Dopo aver saziato cinquemila persone con appena cinque pani e due pesci, Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo a Betsaida, sull’altra riva del lago di Gennesaret, per poter congedare personalmente la folla. Invece di raggiungerli però, salì sul monte a pregare. Il doversi occupare delle cose del Padre, sin dall’età di 12 anni, lo aveva messo nella condizione di tenere sempre vivo il rapporto di unità con Lui dal quale traeva la forza e per la cui mediazione compiva i miracoli. Ciò era per Gesù un’esigenza che cercava di trasmettere come insegnamento ai suoi discepoli. Dall’immersione nella profondità del suo amore traeva tutta la forza per realizzare il compito dell’evangelizzazione. Dalla vita immessa in quella del Padre, il Figlio dell’uomo riceveva l’energia per dare la sua vita per il mondo. La preghiera di Gesù non è semplicemente un insegnamento, una didattica, è la pratica di vita ed il valore fondamentale che esprime amore, verità, unità e predispone a qualunque opera. La preghiera è insita nel cuore di ogni uomo come una naturale predisposizione e si esprime come esigenza per vivere, allo stesso modo di come l’aria è indispensabile per respirare. Non una imposizione dunque, ma un bisogno, una imprescindibile necessità di vita. P. Angelo Sardone