Il tabernacolo: riferimento di adorazione e di amore
La semina del mattino
136. «Gustate e vedete quanto è buono il Signore!» (Sal 33,9). Gesù è presente nella S. Scrittura, nella Chiesa, nelle opere di carità fraterna, nei poveri. Ma è nel sacramento dell’Eucaristia, «mysterium fidei», dove si fa presenza per eccellenza, reale, con il suo corpo ed il suo sangue, l’anima e la divinità. La Chiesa non solo lo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede in questa presenza, adorando con culto latreutico, cioè che compete solo a Dio, questo grande sacramento. «Nessuno mangia quella carne senza averla prima adorata. Non pecchiamo adorandola, ma anzi pecchiamo se non la adoriamo» (S. Agostino). Nell’Eucaristia si realizza in modo sommo e più completo la promessa di Gesù di rimanere con gli uomini sino alla fine del mondo. Il tabernacolo, particolarmente, deve costituire un polo di attrazione per un numero sempre più grande di anime innamorate di Lui, capaci di stare a lungo ad ascoltarne la voce e quasi a sentirne i palpiti del cuore (Giovanni Paolo II). Il suo corpo donato ed il suo sangue versato come bevanda di salvezza, trovano nella Passione la manifestazione concreta del dono ineffabile della sua vita per le creature, onde ottenere la redenzione eterna (Eb 9,11-12). Occorre avvicinarsi, vedere, cibarsi, gustare, per avere la certezza dell’efficacia di un mistero profondo di amore che invade la vita, la permea, le dona consistenza e qualità. Da ciò nasce l’impegno di vivere per Cristo: «chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6,57). È questione di amore e di volontà, scelta seria d’impegno maturo. P. Angelo Sardone