Guardare avanti
Mattutino di speranza
4 giugno 2020
Sempre si lascia qualcosa dietro le spalle. È una legge di natura conseguente al fatto di camminare, di procedere, di andare avanti. Dietro si lascia il tempo, le persone, le cose, gli avvenimenti, le emozioni, i sentimenti, il peccato. Si lasciano tante cose buone, una scia di luce che si aggiunge a quelle perenni del cielo. Tutto diventa storia; tutto si traduce in memoria affidata oltre che al passato, al giudizio misericordioso di Dio, alla coscienza personale e collettiva. Ciò che è buono rimane impresso nel ricordo e nella benedizione e va oltre il tempo; ciò che buono non è viene affidato alla benevolenza di Dio, alla sua comprensione del nostro limite umano e al perdono del tempo e della storia. Si guarda avanti. Agli occhi di Dio, «mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte» (Sal 89,4). La Scrittura attesta che «il saggio ha gli occhi in fronte, mentre lo stolto cammina nelle tenebre» (Qo 2,14). La legge del tempo è inesorabile: allontana il presente dal passato e l’avvicina ogni giorno di più all’eternità. Ogni cosa finisce, di ogni cosa c’è il limite e noi ce ne accorgiamo. Tutto passa: solo Dio resta. Verso questa meta siamo proiettati e camminiamo. Il bene fatto, anche quando non lo ricordi, viene inciso e rimane alla conoscenza di Dio e degli uomini. La saggezza popolare ha coniato il significativo motto: «Fa il bene e scordalo! Se fai il male, pensaci!». Nel libro di Dio tutto è scritto, tutto è a Lui noto. La sua identità di giusto giudice della storia, del mondo, dell’uomo, lo pone in relazione giuridica con le creature in termini di verità, ma anche e soprattutto di amore misericordioso che offre al peccatore, anche il più perverso ed astuto, l’opportunità sino alla fine, di pentirsi, di tornare sui suoi passi, di affidarsi a Lui, di guadagnarsi la vita eterna. Il ladrone confitto in croce accanto a Gesù sul Calvario, è l’esempio tipico di come, anche a conclusione di una vita variamente dissipata, sull’orlo di una morte infame, subita a causa delle colpe commesse, si può trovare l’impulso e la forza della fede che fa ascoltare con più attenzione ciò che per troppo tempo si è ascoltato con svogliatezza e superficialità, che fa guardare accanto con gli occhi appannati dal dolore acerbo della solitudine, dell’abbandono da parte di tutti e scorgere finalmente un briciolo di umanità, di coerenza e compassione che forse si è rincorso per tutta una vita e che ora si riesce a strappare con una maggiore lucidità e ferma volontà. Anche il male lasciato indietro, se corredato da una limpida presa di coscienza, da un dolore perfetto, da un pentimento sincero, maturo e duraturo, può essere trasformato in bene. Il letame raccolto nella stalla, con i suoi nauseanti odori, rifiuti organici destinati alla decomposizione, “feccia dispensata dal ventre” come direbbe il poeta Ariosto, si trasforma in concime utile per la terra e la produzione di frutti. Anche il peccato, nauseante condizione di apparente e fatua felicità e consapevole distacco da «tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode» (Fil 4,9), se affidato alla misericordia di Dio con una contrizione sincera, frutto di una lettura attenta della propria vita e di un distacco deciso e fermo dal male, con un proposito serio e perseverante, viene trasformato dalla bontà di Dio in perdono. Lui che ogni giorno fa nuove tutte le cose, provvede ancora di più a rendere nuova la creatura destinando a lui «un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più» (Ap 21,1). Il grande suo perdono è proporzionato al grande nostro pentimento e cambiamento concreto della vita; «dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). Dio non lo si prende in giro. La responsabilità umana rimane tale e diventa anche principio di condanna se il male è fatto e viene continuato a fare ad occhi aperti, pur conoscendo il valore del bene, se si baratta una perla di grande valore con un miserabile anche se luccicante pezzo di bigiotteria, l’eredità di amore e di bene del Padre per un gustoso piatto di lenticchie. Il Signore ci ripaga secondo l’innocenza delle nostre mani se abbiamo custodito le sue vie, se siamo stati integri con Lui e ci siamo guardati dalla colpa (Sal 17,22). Dopo questi giorni di densa oscurità ci lasciamo dietro le spalle la paura, il disorientamento, il peccato, per proiettarci verso una luminosità nuova che viene resa tale anche dalla diversa considerazione di fatti, persone, dello stesso rapporto con Dio. Gli occhi della testa vedranno diversamente se gli occhi del cuore saranno stati abbagliati dalla luce della verità che, soprattutto in tempo di fitte tenebre, anche se con un minuscolo raggio, mette in evidenza le realtà più nascoste e profonde dell’anima e trasforma il buio pesto in una meravigliosa e splendida luce. La luce di grazia, la luce di Dio. Questo non è un sogno o un pio desiderio: è la nostra fiducia; può essere, se lo vuoi, una vera, appagante realtà. P. Angelo Sardone