Solennità di S. Annibale
Mattutino di speranza
1° giugno 2020
La prima e fondamentale vocazione del cristiano è la propria santificazione. Anzi questa è la stessa volontà di Dio (1Tes 4,3), inscritta nella natura umana che pone l’uomo in relazione intima, profonda e continua col Creatore e Signore della vita. Si realizza in un cammino giornaliero, nell’esercizio delle virtù teologiche ed umane entro i parametri segnati dalla Grazia dei sacramenti e dalla preghiera. Pur nella consapevolezza della miseria e del proprio limite umano dovuto al peccato, il santo è colui che si distacca realmente da tutto ciò che non porta a Dio e tutto a Lui orienta. Santo è colui che ha la testa fissa in Dio, non per aria, ed il corpo del viandante, che calca la terra e le sue realtà con lo sguardo rivolto al cielo, ivi proiettando e finalizzando la sua esistenza con la ricchezza dei suoi valori: sentimenti, affetti, operazioni, certezze, dolori, speranze. È colui che sublima ogni realtà umana, persone, cose, interessi, portandola ad un livello superiore di fede e di abbandono in Dio che ogni cosa volge al bene. Si lascia fecondare nell’intimo dalla forza misteriosa dello Spirito che gli immette l’energia vitale, lo solleva dalla caduta e dal peccato, lo orienta al vero, al bene. La sua vita è dominata da Dio, la sua volontà è fissa in Dio, la sua felicità è Dio stesso, il primo amore dal quale scaturisce e nel quale si inquadra ogni altro amore. Il santo non è chi fa cose straordinarie, ma chi compie straordinariamente bene le cose ordinarie. Non è facile comprendere queste realtà fino a quando non ci si lascia soggiogare dalla grazia, non si apre finalmente il cuore a Dio ed a Lui si chiede: «Fammi santo come tu sei santo!». Oggi si celebra il “dies natalis”, cioè il giorno natalizio alla vita che non ha fine, e la santità conclamata anche in terra di Annibale Maria Di Francia, un campione di virtù ed un esempio di vita veramente evangelica, un santo dei tempi moderni, Di lui un vescovo disse: «Vuol essere a forza santo!» E così è stato non col parossismo superbo e vuoto delle parole, ma con la concretezza dell’unione perfetta con Dio per puro amore, in un felicissimo stato di grazia, che non ha bisogno di operare grandi prodigi, perché già questo è il massimo dei prodigi. Annibale Di Francia non è solamente il Fondatore delle due Congregazioni delle Figlie del Divino Zelo e dei Rogazionisti del Cuore di Gesù, è mio padre, padre nella fede, padre della mia vita spirituale, padre e modello nella passione del carisma del Rogate, ossia della preghiera ed azione per le vocazioni, una vera malattia che ha contaminato e condizionato per sempre il mio cuore e per la quale non c’è medicina. La sua vita terrena si iscrive in due elementi essenziali, complementari ed unificanti: l’amore per Dio e per il prossimo. La formazione ricevuta in famiglia, l’intuizione del Rogate, frutto di una speciale illuminazione dello Spirito, l’amore ai poveri vissuto per cinquant’anni nel Quartiere Avignone di Messina e dei vari luoghi in cui la Provvidenza lo chiamò ad operare, sono gli elementi portanti di una santità che si è imposta nella Chiesa e che ha generato una famiglia di religiosi e laici che seguendo la sua scia di vita continuano oggi la sua missione. Nell’ordinarietà ha vissuto la dedizione d’amore verso i piccoli ed i poveri, testimoniando fino all’eroismo che la più autentica carità verso Dio è mettersi a suo servizio nel compimento della personale vocazione, e la carità più fruttuosa verso il prossimo è la cura, l’attenzione, la solidarietà, la preoccupazione viva e concreta della salvezza delle anime, nessuna esclusa. Sono stato toccato dal suo amore e dalla sua particolare paternità e rimango ogni giorno incantato dalla ricchezza dei suoi scritti, dall’attualità delle sue intuizioni, dal suo amore sviscerato per Gesù e Maria, per la Chiesa ed il papa, per la gran messe delle anime che necessita di buoni operai. Ho avuto la grande sorte di essere stato chiamato a realizzare la mia vita umana e sacerdotale nella vocazione rogazionista: essa mi configura prima di tutto come suo figlio, mi accorda al suo cuore e fa sentire anche il mio cuore «trafitto da tanta rovina specialmente per le tenere messi che sono le nascenti generazioni», per le quali il rimedio più efficace è proprio la preghiera e l’azione per le vocazioni. Al Rogate anche io dedico i miei giorni, i miei pensieri, i miei affetti, il mio lavoro, le mie sofferenze per le anime. Esso è il fuoco insopprimibile nel mio cuore, un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa senza alcuna possibilità di contenerlo. Per il Rogate anche io sono pronto a dare il sangue e la mia stessa vita. P. Angelo Sardone.