Il Signore bussa alla porta del cuore
Una componente essenziale della vita dell’uomo, immessa da Dio nel corpo fatto di carne, è la forza derivante dallo spirito. Essa armonizza ed orienta il cuore e la mente, i pensieri e le operazioni, gli affetti ed i sentimenti. Come un auriga tiene in equilibrio e modera l’irascibilità e la concupiscenza. Qualcuno la chiama ragione, pensiero, pura energia; altri, responsabilità, equilibrio, dominio di sé. Noi la chiamiamo Grazia. La sua azione è costante per l’arco intero della vita, ma viene resa operativa dalla libera scelta ed accondiscendenza dell’uomo che avverte la sua presenza e la sua azione nella misura in cui diventa familiare dello Spirito. La grazia si innesta nella vita, proprio come lo spirito si articola e dà forma alla carne. La vita di grazia è libera risposta agli stimoli dello Spirito Santo che sta alla porta, bussa e dice: «Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). La porta è quella del cuore, della mente, della libertà umana, degli avvenimenti ordinari e straordinari. Attraverso questa porta Dio entra e feconda di bene, di novità e di verità la vita di ciascuno, dandole maggiore senso e qualità. La porta ordinaria è Gesù Cristo: è per mezzo suo e del dono dei sacramenti che la vita cristiana acquista valore e pienezza. Il ricorso sistematico alla preghiera, all’unione con Dio, all’ascolto della Parola, ai sacramenti, all’esercizio delle virtù, particolarmente della carità, sono i mezzi con i quali la grazia vive, opera e santifica. Nella grandezza del suo amore e della sua misericordia, Dio lascia liberi di scegliere. L’orgoglio e la prepotenza umana, pervasi a volte di latente stupidità e labile efficienza, sopraffatti dal momentaneo appagamento di un piacere effimero e carnale, da accattivanti lusinghe di paradisi allucinanti che riempiono e svuotano contemporaneamente, devono arrendersi dinanzi a situazioni imponderabili ed a muri impenetrabili. Una retta ed illuminata coscienza apre a Dio: la verità che è Dio stesso, rende realmente liberi. Una dipendenza peccaminosa, assuefatta da cattive abitudini ed inopportune e pericolose contingenze relazionali e comportamentali, o peggio ancora, alimentata da un male subdolo e ingannevole, che si chiama peccato e che fa apparire “bene ciò che è male” e “male ciò che è bene”, impedisce un intelligente e fecondo abbandono alla grazia. Il suo rifiuto, equivale al rifiuto di se stessi. La resistenza alla grazia pregiudica allora la vita e rende il cristiano un vero e proprio ramo secco: la linfa non passa più, pur continuando ad avere l’illusione di rimanere attaccato al tronco e di godere di una certa stabilità. Gli occhi aperti non vogliono vedere e rendono ciechi. Le orecchie chiuse non vogliono sentire il suono alla porta e rendono sordi, sia quando i colpi sono secchi e picchiano con forza, sia quando sono battuti leggermente e con vellutata delicatezza. In questa maniera si sperimenta e si mette in atto una sorprendente capacità di resistere non a fattori o effetti contrarî, dannosi o negativi, ma, purtroppo, alla grazia. E’ proprio questa l’assurdità. Il cuore che pulsa interiormente di amore e di bene, accarezza il desiderio ed esprime il bisogno di grazia: ma deve impegnarsi ogni giorno a farle posto ed a resistere al male. Ciò richiede fatica ma alla fine premia: il percorso di grazia dura tutta la vita; la capacità di resistere allo sforzo e di dare regolarità e continuità alle proprie prestazioni, opponendosi saldamente al male, al peccato, permette di mantenere saldamente la propria posizione e di convivere con stabilità nella dinamica della grazia. Questa è autentica felicità. P. Angelo Sardone