Stare in piedi
E’ importante sostenere chi sta per cadere. Qualche volta è anche difficile. La posizione eretta è uno dei primi traguardi del bambino ed una soddisfazione per i genitori che gli hanno insegnato a camminare, sorreggendolo, tenendolo per mano e sorvegliandolo con premura ed attenzione quando si è slanciato da solo ed ha imparato a reggersi in piedi. Così egli manifesta la padronanza su se stesso, esprime la capacità di sapersi muovere autonomamente e la libertà di poterlo fare. Quando si cresce, stare in piedi ha il valore di avere gli occhi aperti, tenersi sotto controllo, guardare all’orizzonte, stare bene, insegnare. La posizione eretta dell’uomo è meno stabile di quella di un quadrupede: la sua razionalità coordina la stasi e dirige il movimento. Stare in piedi richiede attenzione, equilibrio, volontà, coordinamento tra le gambe, i piedi e la mente, soprattutto quando poi ci si deve muovere. Gli arti inferiori sono i mezzi per camminare ma è compito ed opera della volontà dirigere il movimento in avanti, dietro, in alto, in basso, per evitare gli ostacoli, per superarli. E’ proprio della mente vedere, comprendere e scegliere la via da percorrere, una via adatta ai propri passi ed al traguardo che si intende raggiungere. Molte volte il cammino della vita riserva una via tortuosa ed irta di difficoltà; altre volte è l’uomo stesso che in maniera improvvida sceglie di percorrere la via più difficile, più rischiosa, quasi una sfida con le sue capacità ed una prova di orgoglio con se stesso, con il desiderio e la volontà di fare da solo o di dimostrare di esserne capace. Molte volte la scelta va a buon fine, raggiunge la meta ed è vittoria; a volte è solo amara illusione; talora sonora sconfitta. Nel cammino se si cade ci si rialza proprio come fa il bambino, magari dopo essersi fatto anche male. La volontà e l’istinto naturale lo aiutano. Se poi c’è qualcuno davanti, di dietro o accanto che offre un sorriso, porge uno sguardo, si china a raccogliere, rialzarsi è più facile, riprendere il cammino con la presa stretta della mano, agevola il passo e lo rende sicuro. Quando ci si alza da solo o con l’aiuto di un altro, si riacquista fiducia e si capisce ancora di più la propria fragilità, la bellezza di stare in piedi, la necessità di qualcuno che ti aiuti a rialzarti, ti faccia comprendere la pericolosità del tragitto o della scelta e ti guidi a riprendere il passo più leggero e tranquillo. La grazia dei sacramenti tiene in piedi nella vita, sorregge, nutre e difende. Ma è anche attraverso la presenza fisica ed operativa di persone appositamente da Lui chiamate e dotate di speciali capacità che Dio manifesta la sua volontà che tutti stiano in piedi, che cioè siano salvi, raggiungano la felicità e la pienezza della verità. Al sacerdote, in forza di una speciale vocazione e della trasformazione ontologica operata attraverso il sacramento dell’ordine, Dio ha conferito un potere soprannaturale che non ha concesso neppure a S. Michele Arcangelo: rinnovare il sacrificio eucaristico, rimettere i peccati. Il compito del padre è aiutare il figlio a stare in piedi, nutrirlo, riprenderlo, guidarlo, dargli una eredità. Il compito del sacerdote è analogo: nutrire con il Pane della Parola ed il cibo dell’Eucaristia, esortare, correggere, manifestare la dolcezza paterna di Dio, generare continuamente alla vita di grazia e di fede chiunque il Signore gli mette dinanzi, a tutte le ore e di ogni età e condizione sociale. Diecimila pedagoghi in Cristo non reggono al paragone di un padre che genera in Cristo Gesù, mediante il vangelo (1Cor 4,15) ed ogni giorno dà la vita per chi ha generato, con una discreta e sacra presenza mediata da un costante pensiero ed accorata preghiera soprattutto sull’altare. Il suo misterioso e fecondo amore spesso rimane incompreso e nascosto agli occhi superficiali, ma è visibile agli occhi di Dio e noto al cuore ed alla sensibilità di chi a lui si è affidato come un figlio, come una figlia e che grazie a lui ha imparato a stare in piedi e a non cadere. E allora l’aiuto ed il sostegno diventa reciproco. Si diventa figli ma si scopre anche di essere fratello, sorella e madre. Una preziosità incomparabile. P. Angelo Sardone.